Clandestini espulsi e immigrati nei Cie fino a diciotto mesi

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Espulsione immediata per tutti i clandestini, e aumenta il tempo di permanenza nei Cie a 18 mesi. A tre giorni da Pontida e dalla resa dei conti con la Lega, il Consiglio dei ministro ha approvato un decreto legge fortemente voluto dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Alla fine del consiglio il premier Silvio Berlusconi spiega che il prolungamento dei tempi è necessario per rendere possibile «l’identificazione e la procedura di espulsione» e che il decreto dà  «attuazione a due direttive europee».
Si tratta di un’indubbia accelerazione alla lotta contro l’immigrazione irregolare che negli ultimi tempi è risultata bloccata dalle sentenze della Corte di giustizia europea e della Corte Costituzionale che considerano poco coerenti con le norme le fughe in avanti volute dalla Lega.
Il ministro Maroni però si dice sicuro di sé. Il decreto, sottolinea, «é coerente con le norme dell’Unione». Anzi, le rende più chiare perché «fornisce un’interpretazione della direttiva europea sui rimpatri (la 115 del 2008), che finora era stata interpretata dalla magistratura con la possibilità  di consegnare ad alcuni clandestini un foglio di via, dando loro da 7 a 30 giorni per allontanarsi dall’Italia, vietando di fatto le espulsioni coattive». Col decreto approvato, ha proseguito, «noi le ripristiniamo per tutti gli extracomunitari clandestini pericolosi per l’ordine pubblico, a rischio fuga, coloro che sono stati espulsi con provvedimento dell’autorità  giudiziaria, violano le misure di garanzia imposte dal questore, violano il termine per la partenza volontaria». E il giro di vite riguarda anche i cittadini comunitari, per i quali, «viene introdotta per la prima volta l’espulsione per motivi di ordine pubblico se permangono sul territorio nazionale in violazione delle prescrizioni della direttiva sulla libera circolazione dei comunitari».
Il punto più contestato del decreto è il prolungamento del periodo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) fino a 18 mesi, «attraverso una procedura di garanzia – ricorda Maroni – che passa dal giudice di pace. Nel 2009 quando noi abbiamo messo mano alle normative, si poteva trattenere nei Cie solo due mesi, poi siamo passati a 6 e adesso termine il termine è di 18 mesi per consentire l’identificazione oppure l’effettiva espulsione, cioè l’ottenimento da parte dell’autorità  diplomatica del Paese di origine del visto d’ingresso. Può passare molto tempo, in 18 mesi siamo in grado di garantire l’espulsione di tutti coloro vengono messi nei Centri».
Canta vittoria Roberto Calderoli, ministro leghista della semplificazione normativa. «Arrivano le prime risposte concrete ai problemi abbiamo posto». Soddisfatto anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «Da molto tempo aspettavamo questo strumento se la legge sarà  simile alle nostre attese sarà  finalmente possibile espellere i cittadini comunitari che violano la legge così come gli extracomunitari». In questo modo, «possiamo garantire i cittadini romani e le comunità  di immigrati rispetto a coloro che violano la legge italiana e le regole».
Decisamente contrarie le opposizioni e il mondo cattolico. «Si vede che mancano tre giorni a Pontida», commenta Anna Finocchiaro, presidente del gruppo in Senato . «Non c’è che dire: – aggiunge – continua il pericoloso populismo demagogico del governo. In nome del ricatto leghista, spunta l’assurda e grave, quanto inapplicabile e inattuabile, detenzione nei Cie di persone incensurate fino a 18 mesi e le altrettanto poco attuabili espulsioni immediate». Per il leader di Sel Nichi Vendola si tratta di «un atto tanto volgare quanto disperato». E, ancora: «uno scalpo da esibire a Pontida» . Leoluca Orlando (Idv) sottolinea che l’estensione della permanenza nei Cie è «contraria alle norme comunitarie».
«Vuol dire esasperare maggiormente la situazione», osserva mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mentre i Gesuiti del Centro Astalli parlano di decisione «assurda». Per mons. Perego, i Cie «non sono un luogo dove le persone vengono tutelate». «Il problema vero – dice al Sir, l’agenzia dei vescovi – non sono tanto i tempi quanto il luogo di trattenimento. Sappiamo che i Cie sono un luogo di grande conflittualità , violenza, autolesionismo, perché la persona non è tutelata». Inoltre «nei Cie non c’é nessun progetto, mancano percorsi che possano portare ad un discorso lavorativo, scolastico e di tutela più generale». «E’ una forma di carcerazione – aggiunge il direttore di Migrantes – che non aiuta assolutamente la promozione della persona», considerando che «la clandestinità  non è reato». Per Paolo Ferrero (Prc), «riemerge l’anima autenticamente xenofoba e securitaria» del ministro. L’Arci ha definito una «vergogna» l’aumento a 18 mesi per il trattenimento nei Cie, il Cir (Consiglio italiano rifugiati), un «atto punitivo, viste le condizioni in cui versano questi centri».


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