by Sergio Segio | 10 Giugno 2011 10:52
RIVA DEL GARDA – Inadeguata formazione di pediatri e medici, scarsità di centri specializzati, sottovalutazione dei sintomi e lunghi tempi di attesa: sono questi alcuni dei principali problemi che ogni giorno le persone con patologie croniche e rare devono affrontare. Problemi che si ingigantiscono quando si ha a che fare con bambini malati. Sulle criticità dell’assistenza e sulle possibili soluzioni insiste il decimo “Rapporto sulle malattie croniche e rare”, realizzato dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc) di Cittadinanzattiva e presentate nell’ambito della prima Conferenza nazionale delle organizzazioni civiche per la salute dal titolo “Qualità e sostenibilità attraverso la partecipazione” (Riva del Garda, in corso fino a domani).
Il giudizio che emerge dal rapporto – realizzato grazie al contributo di 34 associazioni aderenti al coordinamento – è netto: secondo l’88% delle associazioni, ad esempio, esiste una reale difficoltà di accesso tempestivo alla diagnosi precoce, in un tempo che va dai 3 ai 6 anni. Si sfiora poi unanimità (94%) nel valutare “non adeguate ai bisogni dei cittadini” le risposte dell’assistenza sanitaria di base del pediatra di libera scelta e del medico di medicina generale. La valutazione è negativa anche sul grado di conoscenza della patologia e delle possibili complicanze da parte di questi medici, in particolar modo se la malattia è rara (il 90,6% è concorde su questo). Ancora: secondo il 75% delle associazioni non è sufficiente la collaborazione e la sinergia con lo specialista o il centro di riferimento. Sono tutti elementi, questi, che rendono ancor più tortuoso, e costoso, il percorso di cura: “La carente assistenza sanitaria territoriale e i lunghi tempi di attesa obbligano a saltare le fasi intermedie di monitoraggio e terapia – si spiega nel rapporto –, non permettendo così ai pazienti di evitare la fase acuta e costringendoli a ricorrere a ricoveri ospedalieri che potrebbero essere altrimenti evitati”. Il problema del ricovero è reso ancor più grave dall’assenza di una valutazione multidimensionale e di un adeguato supporto psicologico. E quando il paziente viene dimesso, non segue l’attivazione di servizi sociosanitari territoriali. Il 44%, inoltre, non reputa soddisfacente la risposta fornita dall’Assistenza Domiciliare Integrata.
Trattandosi di bambini, un’altra criticità è legata alla scuola, come evidenziato dal 74% delle associazioni. Anche in questo caso, determinante è “la mancanza di formazione specifica del personale deputato all’assistenza di base – è scritto nel report –, come per esempio gli insegnanti di sostegno, la difficoltà a conciliare gli orari scolastici con la riabilitazione e la terapia e, in ultimo, la costante presenza di barriere architettoniche”. (gig)
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