Cariche e sassi, guerriglia in Valsusa novanta feriti, poi via alle ruspe

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CHIOMONTE (TORINO) – «Andate su, andate su, qui non si respira». Foulard sul viso e limoni sotto il naso per riuscire a sopportare il fumo denso e urticante. Il villaggio di Asterix dei No-Tav della Val di Susa cade sotto una pioggia di lacrimogeni dopo quattro ore di guerriglia, costringendo tutti ad una fuga per i monti.

Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha rispettato la promessa: «Entro il 30 giugno apriremo il cantiere». E così è stato. I movimenti che combattono la linea ferroviaria ad alta velocità  Torino-Lione si erano illusi, dopo la fiaccolata con 5 mila persone, di reggere l’onda d’urto. L’operazione, scattata all’alba di ieri, ha messo fine alla “libera repubblica della Maddalena”, località  di Chiomonte dove si scaverà  la prima galleria propedeutica alla costruzione dell’opera.
L’allarme è scattato alle quattro di notte: «Una colonna è partita da Bardonecchia. Ad Ulzio si uniscono ad altri mezzi. Saranno qui per le cinque». Sono arrivati un’ora dopo, ma sono arrivati. I mille dentro il presidio si sono distribuiti tra le varie barricate. Dagli altoparlanti gli ordini: «Va rinforzata la diga». Tre i punti di contatto: l’autostrada Torino-Bardonecchia, i sentieri verso Giaglione, in mezzo ai boschi, e poi la strada dell’Avanà  per raggiungere il centro di Chiomonte, dove i No-Tav si erano preparati a tagliare alberi e ad incendiare balle di fieno. Non c’è stato nemmeno il tempo. In mezzo a loro anche i centri sociali, la forza armata: spranghe, estintori, blocchi di tufo e pietre pronte al lancio. Hanno occupato le prime linee, dall’alto, pronti a scaricare tutto sugli uomini in divisa, provocando la loro reazione, soprattutto sull’autostrada e sulla via per Chiomonte. Il tam tam «mandate davanti i valsusini» non è bastato. E non è bastata la mediazione degli avvocati e dei sindaci della Valle, che avevano chiesto alle forze dell’ordine «di fermarsi per far andare via gli occupanti».
Polizia e carabinieri, forti di un ordine di sequestro di tutta l’area, hanno attaccato contemporaneamente il villaggio. Insieme a loro gli operai di due ditte della Val di Susa. Alle sei sulla Torino-Bardonecchia è comparsa la benna con una mega pinza. Turi Vaccaro, un pacifista affezionato alla lotta No Tav si getta sulla strada. Un minuto e lo bloccano, per poi rilasciarlo a fine mattinata. Tempo mezz’ora e la barriera in plexiglasx della A32 era caduta.
È partito a quel punto il lancio di pietre, olio, acido e vernice sulle forze schierate sulla carreggiata. Numerosi i manifestanti di fronte. Una linea calda: partono le prime cariche, leggere, per farla indietreggiare. Dalla valle, dalle strada dell’Avana, carabinieri e polizia si sono fatti strada con i lacrimogeni che dopo la sassaiola sono stati sparati anche sul piazzale, quella che avrebbe dovuto essere la zona franca. Quando i fumogeni iniziato a piovere sul piazzale scatta la grande fuga sul versante della montagna. Una trentina gli intossicati e i feriti. Altri sessanta i feriti tra le forze dell’ordine, il più grave è trasportato in elicottero al Cto di Torino per un trauma toracico. Date le premesse poteva andare peggio.
Dopo lo sgombro ai pochi No-Tav rimasti è stato dato l’ordine di smontare il campo. Le istituzioni festeggiano, ma Alberto Perino, leader degli oppositori, non si scoraggia: «È solo il primo tempo. La battaglia è lunga e non finisce oggi». Dai blog e da Twitter intanto arrivano messaggi bellicosi: «Ve ne pentirete». Poi scattano a singhiozzo i blocchi delle strade in Valle, quindi le manifestazioni a Torino, davanti alla sede del Pd, e un blitz in Regione. Anche a Roma va in scena la protesta: fumogeni davanti alle sedi di Pd e Pdl e proteste in via del Corso con sit-in davanti a Palazzo Chigi. Un effetto domino. E il presidente Silvio Berlusconi sottolinea: «Non si poteva più perdere tempo dopo aver ascoltato le ragioni di tutti, altrimenti saremmo restati fuori dall’Europa. Questo sarebbe inaccettabile».
La risposta della Valle arriverà  stasera. Il primo appuntamento che unirà  i diversi «no»: una fiaccolata a Susa che servirà  al movimento, acciaccato, per contarsi e misurare le forze. Dopo l’alba più lunga della Valle di Susa.

 


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