by Editore | 13 Giugno 2011 7:06
ROMA – «Il ministro cerca risorse? Le può trovare nelle rendite finanziarie, nelle transazioni speculative, nei grandi patrimoni. Non certo deprimendo i consumi. Questa non è la riforma fiscale di cui il Paese ha bisogno. Di più: è uno specchietto per le allodole per non discutere i contenuti della manovra».
Tremonti dice di avere le idee chiare.
«Ma non ha il coraggio di dichiarare quale profilo politico avrà la sua riforma. Per quale fine la si vuole fare».
Per la crescita.
«Non c’è crescita del Paese se non si abbattono le disuguaglianze e non si ridistribuisce il reddito».
Non le piace l’idea di spostare la tassazione dalle persone alle cose, ovvero meno Irpef più Iva?
«Si dice che un punto in più di Iva permetterebbe di abbassare le aliquote del primo scaglione Irpef dal 23 al 20%. Abbiamo fatto un calcolo. Il vantaggio è in media di 420 euro l’anno a persona. Ma la crescita dell’Iva ne costa 240. Si vuole fare, dunque, un’operazione che vale 15 euro al mese a testa e spacciarla come volano alla crescita. Una misura che non ha senso. E lo ha ancora meno per la platea degli incapienti, pensionati e giovani precari, che non pagando l’Irpef finanzierebbero per intero la maggiore Iva sugli acquisti. Senza pensare al doppio effetto sui consumi: inflazione e depressione».
Ieri il ministro sembrava frenare sull’ipotesi Iva e rilanciare sulle detrazioni.
«Ne apprezzo la prudenza. Anche perché concentrare una manovra fiscale sulla più evasa tra le imposte italiane non è coerente. Le detrazioni, però, sono un capitolo tutto da esaminare. Semplificare è una parola che attrae sempre. Ciò che conta è non aumentare la pressione fiscale e le disuguaglianze».
Tassare le rendite finanziarie, invece, sembra incontrare il favore di tutti, da Tremonti alla Marcegaglia.
«Sento dire ogni giorno cose diverse. Ma perché non si fa un’operazione secca? Il reddito è tassato al 23%, le rendite al 12,5%: equipariamole come in Europa. E poi perché non colpire le transazioni speculative?».
Il risparmio delle famiglie e la prima casa sembrano salve.
«Detta così vuol dire non fare nulla sui grandi patrimoni. Il 10% degli italiani possiede il 47% della ricchezza. Si potrebbe fissare un tetto oltre il quale colpire».
Meno precariato, più contrattazione aziendale. La proposta, fatta da Tremonti e Marcegaglia a Santa Margherita Ligure, chiama in causa la Cgil. Vi convince?
«Inaccettabile. Si mettono insieme cose che non c’entrano pur di ridurre la funzione del contratto nazionale. Ma non è pensabile intaccarlo per assorbire il precariato, proprio perché è lo strumento indispensabile per la tutela di tutti i lavoratori».
Rimanda al mittente lo scambio?
«Ripeto: non è possibile barattare le due cose. Io dico: facciamo una semplificazione, visto che abbiamo 40 modalità di assunzioni. Limitiamo l’uso di stage gratuiti e ripetuti nel privato, ad esempio. Lì si annida una precarietà mascherata. E poi fissiamo le regole per la contrattazione di secondo livello. Va bene combattere la precarietà , ma non al costo di abbassare le regole per tutti e togliere le tutele universali».
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