Bolletta energetica sempre più cara a fine anno sfonderà quota 63 miliardi
MILANO – Sempre più soldi ai produttori stranieri, per tenere accesa l’Italia. Nel 2011 la bolletta energetica del paese salirà a 63 miliardi di euro, e almeno quattro quinti finiranno in tasche estere. Per l’Unione petrolifera, riunita in assemblea, la colpa è del rincaro del greggio, mentre i consumi interni rimangono penalizzati dalla crisi. E la situazione non è troppo sostenibile, dopo il blocco delle vendite di gas libico e l’addio alle ambizioni nucleari del governo Berlusconi.
«Le sfide per le imprese italiane sono difficili – ha detto il ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani –, le azioni da intraprendere sono parecchie». Prioritaria, per lui, una nuova strategia energetica, da centrare, dopo l’estate, sui due pilastri del risparmio energetico e dello sviluppo delle rinnovabili. Ma dai combustibili fossili, che secondo l’Agenzia internazionale energia vivranno «un’epoca d’oro da qui al 2035», non si prescinde. Per questo il governo attende «un significativo contributo dalle produzioni nazionali di idrocarburi, già da quest’anno». In Basilicata, dove il greggio aumenterà di 90mila barili al giorno, poi «nell’offshore dove si può incrementare di 3 miliardi di metri cubi la produzione di gas», oggi di 7 miliardi l’anno.
L’Up stima che la fattura energetica nazionale 2011 supererà 63 miliardi (da 54 miliardi del 2010), con un contributo petrolifero in ascesa a 36 miliardi, da 28,5 miliardi dell’anno scorso. Anche questo un record, legato all’incremento del greggio per le tensioni nei paesi produttori del Nord Africa. Il peso del petrolio sul Pil italiano, sceso all’1,3% del totale nel 2009, è risalito all’1,8%, livello medio del decennio (ma nei primi anni Ottanta era al 4,6%). «La crisi economica – ha detto il presidente dell’Up, Pasquale De Vita – ha colpito pesantemente il sistema industriale italiano e in particolare quello petrolifero, l’unico a registrare una nuova contrazione nei consumi». Il petrolio, nella difesa del rappresentante dei produttori, non ha recuperato quanto perso nel 2009: il suo peso sul totale fonti è sceso al 39% (dal 41% di due anni fa), «pur restando la nostra principale fonte». Altra difesa giunge sui distributori di benzina: «La rete è già aperta a chiunque voglia entrare – ha detto De Vita – e in 7-8mila impianti self service il prezzo è già in linea con quello europeo». La risposta dei consumatori del Codacons: «Non c’è più il comune senso del pudore. De Vita trovi un paese europeo in cui la benzina costa 1,571 al litro e il diesel 1,447 euro».
Un altro dato negativo riguarda i prezzi della Borsa elettrica a maggio, che ieri il gestore (Gme) ha riscontrato in crescita del 20%, massimo da marzo 2009. Il prezzo è salito a 71,28 euro per Mwh «per i crescenti costi di produzione e le tensioni sui prezzi nelle isole».
La situazione è propizia alle attività dell’Eni, forte sia nel gas che nel greggio. Ieri l’ad Paolo Scaroni ha parlato all’Europarlamento: «Meno nucleare significa più gas, specie in Europa visti gli obiettivi Ue di riduzione della Co2. Gli italiani hanno deciso di andare a tutto gas: è necessario fare in modo che il gas ci sia, costi il meno possibile e arrivi con quella sicurezza di approvvigionamento essenziale per un bene così importante».
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