Bce, Parigi allenta il pressing su Bini Smaghi

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ROMA – Per non essere accusata di intaccare l’indipendenza della Bce, la Francia dichiara ora di sostenere la nomina di Mario Draghi al vertice dell’Istituto di Francoforte «senza condizioni». Lo assicura il portavoce del governo e ministro del Bilancio, Francois Baroin. Nei giorni scorsi, il presidente Sarkozy aveva chiesto pubblicamente il posto di Lorenzo Bini Smaghi nel board Bce per non rimanere senza suoi rappresentanti, visto che il francese Jean Claude Trichet, lascerà  appunto il posto a Draghi. La sua posizione era ed è condivisa dal premier Silvio Berlusconi, che ha invitato Bini Smaghi a fare «un passo indietro». Si è scritto, senza smentite, che tra i Italia e Francia ci fosse un accordo per uno «scambio» di poltrone, rivendicato ancora adesso dal segretario al commercio francese, Pierre Lelouche. 
Draghi dovrebbe essere nominato al vertice Bce domani, dal consiglio Ue: il presidente Van Rompuy lo conferma nella lettera di invito ai leader e Berlusconi riceve il governatore-candidato a palazzo Chigi: «La sua nomina dà  onore all’Italia». Il Wall Street Journal, tuttavia, ipotizza uno slittamento della designazione perché la Francia non accetta l’idea che l’Italia tenga due seggi. 
Si vedrà  a breve. Nell’attesa si muove la stessa Bce: per ribadire che nessuno può imporre ai suoi membri di dimettersi perché così dicono i Trattati; per rispondere al ministro degli Esteri Franco Frattini secondo cui la richiesta di dimissioni avanzata dal governo a Bini Smaghi è «legittima» visto che un invito analogo lo ricevette anche il francese Christian Noyer quando si è trattato di far posto a Trichet. «E in quel caso accadde», precisa il ministro. In realtà , secondo la Bce, le cose non andarono così: Noyer si dimise il 31 maggio 2002 «alla fine del mandato», fissato all’epoca in quattro anni mentre Trichet ha iniziato 17 mesi dopo, nel novembre 2003. 
Tutta questa diatriba su date e norme ha la sua importanza perché ha a che fare con la scelta del successore di Draghi e dunque con la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia che proprio Bini Smaghi, tra gli altri, vorrebbe per sé. Il banchiere fiorentino, appoggiato dal sottosegretario Gianni Letta, sta trattando la sua eventuale uscita: si dice che gli sia stato offerto il vertice dell’Antitrust, oltre alla direzione generale di via Nazionale. Ma negoziati serrati sono in corso anche tra e per gli altri pretendenti. Il ministro Tremonti, si sa, vorrebbe affidare l’ incarico al direttore del Tesoro, Vittorio Grilli. Berlusconi però, a cui per legge spetta la proposta, non sarebbe propenso ad accontentarlo perché tra i due vi è tensione, nonostante le fonti ufficiali garantiscano «identità  di vedute anche su Bankitalia». Di questa situazione potrebbe trarre beneficio il candidato interno, sostenuto da Draghi, ovvero il direttore generale Fabrizio Saccomanni. Lo stesso Draghi però, nelle ultime ore, avrebbe visto sia il ministro Maroni che Letta proprio per dirimere la matassa-nomine. Non ultimo, torna in pista come outsider il nome di Mario Monti, sebbene l’ex commissario abbia escluso un interessamento. Il tutto mentre è convocato per martedi il consiglio superiore della Banca d’Italia che deve esprimere un parere sul successore: la riunione però è in seduta ordinaria mentre quella-chiave per le nomine deve avere carattere straordinario. In questa confusione vi è un punto fermo: il Quirinale, cui spetta l’ultima parola, chiede responsabilità  a tutti. Il presidente Napolitano vuole una istruttoria corretta, procedure trasparenti e rapide.


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