by Editore | 4 Giugno 2011 6:09
Con qualche ragione in più dalla sua essendo tra i promotori della raccolta di firme, Di Pietro ha chiesto di usare piazza del Popolo per tutti: partiti, associazioni, cittadini. Il Pd ha risposto «vedremo». I comitati referendari hanno invece suggerito ai leader di restare fuori dai palchi referendari. Così il rischio di dividere anziché unire c’è: i partiti perdono il pelo ma restano prigionieri dei loro vizi.
Speriamo che questo passo del gambero ci sia risparmiato, che i gruppi dirigenti del centrosinistra recepiscano il cambiamento di prospettiva, di fine di un ciclo, di revisione profonda degli schieramenti indicati dalle elezioni amministrative e si dispongano alla condivisione di una politica gentile quanto determinata, come hanno dimostrato i risultati elettorali, sia nella scelta dei sindaci che nella forza dei numeri.
Pensare di organizzare piazze diverse o di mettere in prima fila il partito su un tema trasversale per definizione come i referendum è paradossale. Tanto più lo è nel caso di questi referendum, per la novità dei temi sui quali richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica. Vale per la richiesta di considerare l’acqua fuori dal mercato e dentro il perimetro dei beni comuni e indisponibili, ma vale anche per la domanda di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e quanto al nucleare gli italiani hanno già risposto nel ’87 che non ne vogliono sapere. Insieme definiscono una svolta copernicana che le forze politiche non riescono più a interpretare, mettono in campo una rivoluzione dell’agenda che lo stesso sistema della rappresentanza parlamentare non è in grado di cambiare.
Previsti dalla Costituzione, ma mai amati dalla sinistra, in particolare a questi referendum il Pd non ha creduto, li ha considerati minoritari, ne ha contestato la praticabilità . Poi, quel milione e mezzo di firme raccolte in pochi mesi ha provocato la sterzata e convertito lo scetticismo nell’adesione alla linea dei quattro Sì. Un camaleontismo positivo (l’obiettivo è portare tutti al voto) che del resto ha fatto breccia anche nel campo del centrodestra: Berlusconi tenta di mimetizzarsi nella libertà di voto e mentre lui copre il panico con il suo «rispetteremo un voto inutile», la Lega dice sì al referendum sull’acqua.
Le divisioni nel nostro campo sarebbero puro autolesionismo, tanto più che la sfida del quorum è ad alto rischio. Andiamo al voto con la Rai muta (l’eccezione di Celentano a Annozero conferma la regola) e raggiungere una platea di oltre venti milioni di elettori senza la comunicazione televisiva è un’altra di quelle missioni impossibili a cui ci costringe questo populismo mediatico. Superarla significherebbe colpirlo al cuore e rispondere sì anche sul conflitto di interessi.
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