by Sergio Segio | 10 Giugno 2011 10:54
A sentire i vertici della mega azienda, l’idea nasce dalla necessità di risolvere un’annosa questione locale legata alla concorrenza nel settore. L’acqua dell’Alberta è contesa dagli agricoltori locali che la utilizzano per irrigare i campi coltivati, e dalle compagnie petrolifere che la utilizzano per estrarre il petrolio dalle sabbie bitumose. Peter Brabeck, presidente della Nestlè, in un’intervista concessa alla Reuters, ha affermato che l’acqua dovrebbe essere trattata ”come il petrolio, dove é evidente cosa accade quando la domanda sale. Il mercato reagisce e le persone iniziano ad usarlo in maniera più efficiente”.
Il governo dell’Alberta pare molto interessato alla proposta e ha già approntato la prima mossa: creare una distinzione tra diritti alla terra e diritti all’acqua, di modo che il possesso della terra non implichi il diritto all’acqua che vi scorre.
Il solito ritornello: il privato che arriva in soccorso – molto ben renumerato – del pubblico sprecone. Qui si va addirittura oltre la privatizzazione di un bene comune, arrivando a teorizzare l’acqua come un bene sul quale speculare. “Affidare l’acqua alla borsa significa confiscare ai popoli della Terra un bene comune pubblico insostituibile per la vita, consegnando il futuro della vita di milioni di persone al potere di arricchimento di pochi grandi speculatori finanziari”, ha commentato Riccardo Petrella, presidente dell’I.E.R.P.E (Istituto Europeo di Ricerca sulle Politiche dell’Acqua)[1].
Questi i rischi che si corrono a trattare l’acqua come una merce. Una merce appetibile, visto che si stima in 300 milioni di euro i dividendi che le aziende legate alla gestione dell’acqua e quotate in Borsa distribuiscono ai loro soci ogni anno. In attesa che gli elettori italiani possano esprimersi sulla materia il 12 e il 13 giugno prossimi, ecco che la Regione Toscana – traumatizzata dalle esperienze di privatizzazione dei servizi idrici ad Arezzo e altrove – lancia un’idea innovativa per portare quel denaro nelle casse esclusivamente degli enti locali e non delle multinazionali private.
Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ha annunciato il 6 giugno scorso che varerà una legge che permetterà ai cittadini di diventare i proprietari degli acquedotti e dell’acqua che bevono, grazie allo strumento dell’azionariato popolare. Una vera rivoluzione, che metterebbe fine alle mire speculative di coloro che sono assetati di profitto e produrrebbe i fondi necessari agli enti locali per gli investimenti necessari alla manutenzione degli impianti, per evitare gli sprechi.
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