by Editore | 21 Giugno 2011 7:25
ROMA – Le nuove norme sulla sicurezza dei cantieri ferroviari, rischiano di mettere in crisi la rete passeggeri e merci. Secondo una lettera inviata tre giorni fa da Rfi al ministro dei Trasporti Altero Matteoli (che Repubblica può anticipare) quasi un treno su tredici ogni giorno potrebbe essere soppresso, così come rischiano di volatilizzarsi ben 44 milioni di euro all’anno di introiti da pedaggio destinati a Rfi.
Un colpo duro per Rete ferroviaria e la capogruppo Fs, che potrebbe scaricarsi su pendolari e contribuenti a partire da venerdì della prossima settimana: infatti secondo le norme emanate dall’Agenzia per la sicurezza ferroviaria, dal 1 luglio i lavori di manutenzione o di vigilanza sulla rete dovranno essere effettuati quasi sempre con i treni “fermi” e non più in movimento come accade oggi. In pratica, per garantire la sicurezza degli addetti alle manutenzioni che spesso sono vittime di incidenti anche mortali, i lavori sulla rete, comprese operazioni di verifica della tenuta del binario o il serraggio dei bulloni (ne vengono fatte centinaia ogni giorno) potranno essere effettuate solo in assenza di traffico e quindi col treno fermo dietro un semaforo rosso o deviandone il passaggio su un binario alternativo.
Rientrano in questa casistica tutte le operazioni effettuate su linee dove si lavora a distanze minime dai binari comprese da un metro e mezzo (per treni con velocità fino a 140 all’ora) fino a due metri e 70 (per convogli con velocità fino a 300 all’ora). Va sottolineato che soltanto i Frecciarossa saranno esentati da queste regole perché le manutenzioni di norma si effettuano di notte. Ma per tutte le altre tipologie di treno, dal regionale, al merci, ovvero oltre il 90% del totale del traffico, si rischiano attese e la soppressione di diversi treni. Per questo Rfi si gioca tutte le carte e nella missiva a Matteoli, stima che queste regole introdotte nel 2010 – combattute a colpi di lettere durissime scambiate con il direttore dell’Ansf Alberto Chiovelli – possano portare alla «soppressione di non meno di 600 treni al giorno tra passeggeri e merci» con la «conseguente perdita di introiti da pedaggio non inferiore a 44 milioni di euro all’anno». Nella lettera che in queste ore è al vaglio dei tecnici del ministero, si parla anche di uscite non previste «stimate in 240 milioni all’anno», per i maggiori oneri che deriverebbero dalle manutenzioni spostate in orari notturni.
Al centro della querelle ci sono le regole che fino ad oggi hanno permesso la manutenzione e la vigilanza dei binari senza blocchi della circolazione. Un sistema largamente adottato in Europa ma che spesso costa il sacrificio di diversi addetti. I casi mortali, secondo statistiche non ufficiali, sarebbero tra i due e i tre, all’anno e l’Ansf ha scelto la strada della massima tutela di chi lavora. Rfi, dal canto suo, ha preso atto della richiesta dell’Agenzia chiedendo 18 mesi di tempo per poter attuare dei sistemi alternativi di controllo del traffico, come l’installazione di semafori intermedi. L’Agenzia ha concesso una brevissima dilazione dei tempi: invece del 22 giugno (domani), le norme entreranno in vigore la prossima settimana.
«In conseguenza di tutto ciò – scrive a Matteoli l’ad di Rfi Michele Mario Elia – e al fine di scongiurare insostenibili impatti economici per l’intero sistema ferroviario, si chiede la convocazione urgente di un tavolo tecnico (e la moratoria dell’entrata in vigore del decreto) per poter rappresentare ad un livello adeguato le problematiche di cui si discute e giungere a soluzioni ragionevoli e accettabili».
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