by Editore | 6 Giugno 2011 6:52
Quindi la richiesta di mettere sul tavolo i 20 miliardi di investimenti promessi è legittima?
«Sì, se si chiedono interventi alle parti sociali e istituzionali. Le logiche di mercato sono cambiate. È assurdo imporre a un’azienda di non delocalizzare, ma bisogna discuterne, parlando di piani industriali. E in questo momento sta cambiando soprattutto il ruolo dello Stato. Non è più una questione di quanto debba intervenire, ma di come».
In che senso?
«Lo Stato deve giocare un ruolo di assicuratore, nei confronti delle imprese e dei lavoratori. La flessibilità è obbligatoria, ma l’intervallo tra un impiego e l’altro non deve essere disoccupazione, piuttosto un’opportunità di formazione. Con uno stipendio garantito dallo Stato. Una situazione del genere spingerebbe poi i soggetti industriali ad aumentare i loro investimenti. Non è difficile, bastano lealtà e buon senso.
Il debito pubblico dell’Italia non permette però un’operazione del genere.
«Certo, perché prima è necessaria una profonda riforma fiscale. Se la tassazione fosse più equa i cittadini sarebbero più incentivati a pagare. E sapere che meno persone evadono spinge altri a pagare. Se poi aumentassero anche i controlli, tutto sarebbe più facile. I Paesi nordici sono un ottimo modello. E se ci sta riuscendo il Cile ci può riuscire anche l’Italia.
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