Aghion: “Quando lo Stato aiuta un’azienda è giusto che intervenga sulla sua strategia”

Loading

Quindi la richiesta di mettere sul tavolo i 20 miliardi di investimenti promessi è legittima?
«Sì, se si chiedono interventi alle parti sociali e istituzionali. Le logiche di mercato sono cambiate. È assurdo imporre a un’azienda di non delocalizzare, ma bisogna discuterne, parlando di piani industriali. E in questo momento sta cambiando soprattutto il ruolo dello Stato. Non è più una questione di quanto debba intervenire, ma di come».
In che senso?
«Lo Stato deve giocare un ruolo di assicuratore, nei confronti delle imprese e dei lavoratori. La flessibilità  è obbligatoria, ma l’intervallo tra un impiego e l’altro non deve essere disoccupazione, piuttosto un’opportunità  di formazione. Con uno stipendio garantito dallo Stato. Una situazione del genere spingerebbe poi i soggetti industriali ad aumentare i loro investimenti. Non è difficile, bastano lealtà  e buon senso.
Il debito pubblico dell’Italia non permette però un’operazione del genere.
«Certo, perché prima è necessaria una profonda riforma fiscale. Se la tassazione fosse più equa i cittadini sarebbero più incentivati a pagare. E sapere che meno persone evadono spinge altri a pagare. Se poi aumentassero anche i controlli, tutto sarebbe più facile. I Paesi nordici sono un ottimo modello. E se ci sta riuscendo il Cile ci può riuscire anche l’Italia.


Related Articles

La Cassazione conferma: Fiat deve riassumere i 145

Loading

Pomigliano. Il caso degli operai Fiom discriminati dall’azienda

Osservatorio sul precariato INPS. Segnali di rallentamento del lavoro

Loading

Inps. Aumentano le conversioni dei contratti a termine in tempi indeterminati, ma sono in calo i dipendenti, crescono le ore in cassa integrazione

La nostalgia globale

Loading

Nell’era delle migrazioni “2.0”, senza frontiere e senza distanze, il mal di casa è una vera e propria malattia. E Internet, spesso, non aiuta. Mai prima d’ora l’umanità  aveva avuto tanta facilità  a spostarsi e a comunicare. I costi psicologici del nomadismo planetario sono però in aumento. La nostalgia è diventata la nuova patologia della globalizzazione. Sono molti gli espatriati che soffrono di depressione. Ma pochi ne parlanoIn totale sono 215 milioni le persone che si sono trasferite all’estero Ci sentiamo cosmopoliti, eppure non siamo così facilmente sradicabiliSkype, Facebook e email danno l’illusione che basti poco per annullare le distanze In tanti invece stanno peggio proprio dopo una videochiamata con i propri familiari

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment