by Sergio Segio | 20 Giugno 2011 15:57
Gli autori della speculazione che hanno portato allo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti e allo scandalo dei mutui sub-prime non si sono nascosti, sono sempre all’opera ma hanno spostato il loro obiettivo sull’Africa. Lo dice una nota dell’Oakland Institute, think tank americano molto attento alle questioni socio-ambientali, in procinto di pubblicare una serie di report monografici dedicati alla questione del land grabbing[1], la vendita a multinazionali di enormi porzioni di territorio, in Etiopia[2], Mali, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan[3] e Tanzania, dal titolo Understanding Land Deals in Africa. Gli analisti dell’organizzazione si sono spulciati centinaia di pagine di contratti, business plan e mappe e hanno svelato, per la prima volta, i trucchi di schemi speculativi che questa volta non giocano col mattone ma col cibo. “Le stesse società finanziarie che ci hanno portato alla recessione globale, gonfiando la bolla immobiliare attraverso manovre rischiose, adesso stanno facendo lo stesso con le scorte mondiali di cibo”, dice Anuradha Mittal, direttore esecutivo dell’Oakland Institute. “In Africa – accusa Mittal – questo sta causando lo sfollamento dei piccoli proprietari, devastazioni ambientali, perdita d’acqua e un’ulteriore instabilità politica che si è tradotta nelle food riots[4] che hanno preceduto le rivoluzioni di Egitto e Tunisia”.
Cosa leghi l’acquisto di appezzamenti di enormi dimensioni alla speculazione, secondo l’istituto è chiaro: le società che comprano, mirano a consolidare la loro presa sul mercato alimentare globale ma anche a destinare i terreni alla produzione di biocarburanti o fiori. “Tutto questo sta generando una insicurezza nel sistema alimentare mondiale che potrebbe rivelarsi una minaccia molto più pericolosa del terrorismo”, spiegano i ricercatori dell’Oakland Institute, che a sostegno della loro analisi forniscono cifre allarmanti. Soltanto nel 2009, gli speculatori hanno comprato o affittato terreni per una superficie pari a 60 milioni di ettari, vale a dire un’area grande come il Sud Sudan o come l’intera Francia, per essere più chiari. I compratori sono società mediorientali e asiatiche, ma anche europee ed americane: ci sono hedge fund, equity fund, fondi pensione ma anche istituzioni come le università statunitensi di Harvard, dell’Iowa, Spellman e Vanderbilt. Ma lo studio dell’Oakland è solo l’ultima di una serie di autorevoli pubblicazioni che hanno indagato il land grabbing, un fenomeno quasi sconosciuto fino a pochi anni fa, le cui finalità speculative sono state già accertate da organismi autorevoli. Non era un segreto che dietro agissero anche investitori istituzionali.
Illuminante è la trascrizione della deposizione di un esperto del settore, tale Michael W.Masters, portfolio manager della Masters Capital Management, davanti al Committee on Homeland Security and Governmental Affairs del Senato americano, del 20 maggio 2008. L’uomo si presenta così: “Ho gestito con successo equity hedge fund per 12 anni e ho contatti importanti a Wall Street e nella hedge fund community”. E’ un esperto, quindi, e sa di cosa parla. “Mi avete chiesto se investitori istituzionali stiano contribuendo all’inflazione dei prodotti alimentari e in campo energetico e la mia risposta è inequivocabilmente si”. Basta affidarsi alla logica, spiega Masters, per capire quale gioco si nasconda dietro l’impennata dei prezzi: “Se la fornitura di prodotti è costante ma i prezzi salgono vuol dire che c’è stata un aumento della domanda. Ma come spiegare una domanda che continua a crescere nonostante i prezzi delle commodities siano duplicati o triplicati in cinque anni?”. Il prezzo del cibo, insomma, si trova a non essere più legato ai meccanismi di domanda/offerta e non più soggetto a oscillazioni fisiologiche ma ad esser pilotato da chi compra quantità impressionanti di futures sul grano o sul caffè per avere riserve con cui pilotare i prezzi, con meccanismi di controllo e profitto che sono simili a quelli esercitati dall’Opec in campo petrolifero. Schemi d’azione frequenti e sempre più riconoscibili, come la raffinata operazione speculativa [5]orchestrata da Armajaro sul cacao ivoriano e raccontata di recente da Peacereporter. Le conseguenze di questi giochi le ha spiegate l’ong britannica Oxfam, nel rapporto intitolato Growing a Better Future, pubblicato a fine maggio: attenzione, dicono gli analisti dell’organizzazione, entro il 2030 i prezzi dei prodotti alimentari raddoppieranno. Alla base della spirale inflazionistica, una crescita tra il 120 e il 130 per cento delle principali colture.
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