Xenofobia e libertà  di parola

by Editore | 16 Maggio 2011 6:32

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Ma allo stesso tempo in Olanda il governo di minoranza di centrodestra deve la sua sopravvivenza alla “tolleranza” del Pvv, il Partito della libertà  di Wilders, che alle ultime elezioni generali ha conquistato il 15 per cento dei suffragi. Nel prezzo imposto da Wilders era incluso l’impegno a vietare il burqa. In Olanda, come altrove in Europa, i partiti di centrodestra hanno cercato di riconquistare gli elettori passati a questo genere di populismo xenofobo adottando versioni edulcorate della sua retorica e della sua politica. 
Così si chiede ai tribunali di fare quello che i politici non fanno. È sbagliato. Wilders non dovrebbe essere sotto processo per le sue dichiarazioni sull’Islam, questo sia per rispetto del principio di libertà  di parola sia in omaggio alla cautela politica. Sarebbe meglio invece che i politici democratici tradizionali e altri opinion leader ne contestassero la retorica dirompente con maggior coraggio e in forma più diretta. 
È proprio questo che pensano anche i pm olandesi. “Non v’è dubbio che le parole dell’imputato risultino offensive per un gran numero di musulmani”, dichiararono al primo esame dei capi d’accusa , ma “la libertà  di espressione assolve ad un ruolo fondamentale in una società  democratica”. Un gruppo composto da avvocati di gran nome, ong e gruppi di interesse ottenne in appello il rinvio a giudizio di Wilders. La corte sostenne che attaccando i simboli della religione islamica, Wilders aveva insultato i fedeli musulmani. 
La sentenza esprime perfettamente la questione di principio: la confusione tra attacco ai fedeli e critica alla fede. Dobbiamo mantenere la libertà  di criticare qualunque fede, anche in termini estremi. La religione non è assimilabile al colore della pelle. Non esistono argomentazioni razionali contro un qualsiasi colore di pelle. Esistono però argomentazioni razionali importanti contro l’Islam, il cristianesimo, il buddismo, Scientology o qualunque altro sistema di fede. I processi, pur se intesi a tutelare gli esseri umani, avranno un effetto inibitore sul dibattito relativo ai credo. 
Il problema in questo caso è più ampio. Gli aderenti all’Organizzazione della conferenza islamica da tempo chiedono di rubricare come reato la “diffamazione della religione”. Nel Paese in cui il regista Theo van Gogh è stato assassinato per aver offeso l’Islam, lo stesso Wilders è costretto a vivere sotto scorta a seguito delle minacce di morte da parte di estremisti islamisti. 
Se Wilders con le sue affermazioni avesse incitato alla violenza meriterebbe di essere processato. Ma a quanto mi è dato di capire si è tenuto nei limiti. Se questo è vero, io difendo il suo diritto di usare parole profondamente offensive per gli stessi motivi per cui recentemente ho difeso il diritto di una donna a scegliere di indossare il burqa. Il biondo Wilders incarna, per così dire, il burqa della controparte. 
Oltre ai motivi di principio, esiste un’importante considerazione di carattere pratico. Come è stato per il processo a David Irving in Austria, in questi frangenti l’accusato è messo in condizione di presentarsi come un martire, un paladino della libertà  di parola. Wilders ha concluso la sua deposizione in tribunale citando George Washington: “Privati della libertà  di parola possiamo esser condotti, muti e silenziosi, al macello, come pecore”. Strano sentirlo dire da chi vuol vietare quello che per un miliardo e mezzo di persone è il libro sacro. Molti nel fare appello alla libertà  di parola peccano di ipocrisia, ma Wilders supera tutti. Non si limita a chiedere il divieto di indossare il burqa e la messa al bando del Corano (definendolo libro fascista). In un discorso tenuto alla Camera dei Lord a Londra lo scorso anno – dopo la revoca del suo divieto di ingresso in Gran Bretagna, misura idiota imposta dal ministro dell’interno Jaqui Smith – ha sostenuto che in tutto l’Occidente dovrebbe essere vietato costruire nuove moschee. 
Wilders non intende imbavagliare solo i musulmani, ma anche chi lo critica. A seguito delle pressioni esercitate dal suo partito, recentemente l’esimio storico della cultura Thomas von der Dunk si è visto annullare l’invito a tenere una conferenza in onore di un eroe della resistenza antinazista in Olanda. Si era infatti saputo che aveva intenzione di paragonare il ritratto che dei musulmani fa il Partito della Libertà  con le calunnie mosse nei confronti degli ebrei negli anni ’30. Non basta. Un brano punk in cui Wilders è definito “Il Mussolini dei Paesi Bassi”, è stato escluso da un festival organizzato per celebrare la liberazione dell’Olanda dai nazisti. La vignetta che mostrava Wilders nei panni di guardia di un campo di concentramento è stata rimossa da un sito web di sinistra dopo riferite minacce. In breve, per il Partito della libertà  Wilders deve essere libero di definire fascista il Corano, ma nessuno dovrebbe essere libero di dare del fascista a Wilders. 
Ma i partiti del centrodestra, che per restare al potere dipendono dalla “tolleranza” di Wilders, si allineano alla sua intolleranza, blandendolo. È vero che nella prefazione all’accordo di coalizione si fa un distinguo: il Partito popolare per la libertà  e la democrazia (Vvd) e l’Alleanza cristiano democratica considerano l’Islam una religione e come tale la tratteranno – a differenza del Pvv. Ma, come in molti altri Paesi europei, i partiti tradizionali di centrodestra si affrettano ad accodarsi ai populisti illiberali, xenofobi e in particolare anti Islam, facendo loro concessioni, proprio come i partiti tradizionali di centrosinistra troppo spesso si sono piegati a rabbonire voci illiberali della sedicente “comunità  musulmana”.
Il gruppo di lavoro del Consiglio d’Europa di cui sono membro indica un approccio diverso. Il rapporto “Living Together: Combining Diversity and Freedom in 21st century Europe” (http://book.coe.int/ftp/3667.pdf) sostiene che le società  europee devono rivendicare ed applicare il principio della pari libertà  sotto un’unica legge. Il grande centro democratico dovrebbe farsi portavoce di un liberalismo forte. Ma non dobbiamo chiedere a chi ha origini migranti di abbandonare la sua fede, la sua cultura, le sue molteplici identità . Messaggi di intolleranza e xenofobia come quelli diffusi da Wilders dovrebbero essere contestati dall’opinione pubblica, non in tribunale. Il nostro motto è “minimizzare la coercizione, massimizzare la persuasione”. I politici tradizionali, gli intellettuali, i giornalisti gli imprenditori, le stelle dello sport dovrebbero mobilitarsi tutti al fine di persuadere l’opinione pubblica dei Paesi europei che se si rispettano le norme fondamentali di una società  libera si ha pieno diritto di cittadinanza, qualunque sia la religione professata. E che tutto questo è realizzabile. 
Applicando questo principio al caso Wilders, non intendo coinvolgere altri membri del gruppo (http://www.coe.int/t/dc/files/events/groupe_eminentes_personnes/default_EN.asp) che potrebbero non concordare con me, ma a mio giudizio noi liberali – noi cioè che attribuiamo alla libertà  individuale la massima priorità  – dovremmo avere il coraggio delle nostre convinzioni, soprattutto quando ci portano a posizioni scomode. Wilders quindi dovrebbe essere libero di definire il Corano fascista, von der Donk dovrebbe essere libero di paragonare Wilders ai nazisti – e i politici dovrebbero smetterla di nascondersi dietro le toghe dei giudici. Devono invece uscire allo scoperto e combattere in prima persona la giusta battaglia. (traduzione di Emilia Benghi)

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