Una legge anti-contratto nazionale ecco la richiesta Fiat al governo

by Editore | 27 Maggio 2011 7:12

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ROMA – Sergio Marchionne va all’attacco per salvare le intese di Pomigliano, di Mirafiori e della ex Bertone. L’amministratore delegato della Fiat-Chrysler chiede una legge che stabilisca il seguente principio: il contratto aziendale si può sostituire al contratto nazionale. La novità  è nella richiesta di una legge.

Lo ha detto lo stesso Marchionne due giorni fa, prima al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, e poi al presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, che lo avevano incontrato per fare il punto dopo gli strappi della Fiat sui contratti. E lo ha detto – pare – perché nemmeno la possibile uscita della Fiat dall’associazione delle imprese può mettere al riparo il Lingotto dalle prossime sentenze giudiziarie che potrebbero, una dopo l’altra, riportare indietro le lancette dell’orologio delle relazioni industriali nel gruppo automobilistico.
La legge, invece, porrebbe fine alle cause davanti ai tribunali promosse dalla Fiom-Cgil di Maurizio Landini. Anche se – e a Torino lo sanno bene – i tempi per l’approvazione di una legge nel nostro sistema non è affatto detto che siano compatibili con le esigenze della Fiat che da ottobre punta a far partire la produzione della Nuova Panda a Pomigliano con le nuove regole per l’organizzazione del lavoro.
Ma la legge significherebbe anche il rapido declino della Confindustria e della confederazioni nazionali sindacali, Cgil, Cisl e Uil, che proprio sul contratto nazionale hanno costruito dal dopoguerra il proprio ruolo. Perché un conto è che siano le parti a decidere attraverso i negoziati l’alternatività  fra contratti aziendali e accordi nazionali, altro è che lo stabilisca una volta per tutte il legislatore. Con una “intrusione” nei rapporti tra imprese e sindacati che non ha sostanzialmente precedenti nel nostro Paese. E così si spiega, o si può interpretare, la reazione pubblica a dir poco indispettita, e certo inusuale, di ieri della Marcegaglia dal palco dell’Auditorium della Musica, davanti a un imbarazzato presidente della Fiat John Elkann: «Sono finiti i tempi in cui poche aziende decidevano l’agenda della Confindustria, proseguiremo a modernizzare le regole sindacali senza strappi improvvisi che fanno male al sistema delle imprese e del Paese». Un inciso fuori programma e non presente nella relazione stampata. Elkann non ha apprezzato. Ne ha parlato a lungo con la stessa Marcegaglia mentre il ministro dello Sviluppo Paolo Romani interveniva. E con i suoi più stretti collaboratori Elkann si è detto «scontento» per le parole della presidente di Confindustria. Ma «scontento» anche per i ritardi con cui la Federmeccanica e la Confindustria stanno affrontando le questioni poste da Marchionne sulla governabilità  delle fabbriche. Dall'”incontro di New York” di dicembre tra Marchionne e la Marcegaglia, organizzato per tentare di uscire dall’impasse, sono passati diversi mesi «ma i risultati sono pari a zero», dicono gli uomini di Torino. «Speriamo che non finisca così anche la sfida della Marcegaglia per la riforma di Confindustria», pare abbia chiosato ieri Elkann.
La Fiat, dunque, è intenzionata a non tornare indietro. Vuole discontinuità  nelle relazioni industriali e non vuole “piegarsi” alle sentenze che prevedibilmente diranno che le “newco” (per Pomigliano o Mirafiori) sono solo un escamotage per non applicare il contratto nazionale. L’uscita da Confindustria è matura, al di là  delle smentite di rito. L’ipotesi della legge anti-contratto nazionale (sostenuta da uno dei più autorevoli consulenti legali del Lingotto come Raffaele De Luca Tamajo) servirebbe a blindare la nuova situazione. Marcegaglia è totalmente in disaccordo e l’incontro di mercoledì sera è stato molto teso. Nemmeno Sacconi è favorevole alla legge, ma non ha detto no. Il ministro potrebbe accettarla se la proponessero con una sorta di “avviso comune” Cisl, Uil e la stessa Confindustria. E la Cgil continua a rimanere fuori dal perimetro di questi ragionamenti. Nessuno lavora per farla rientrare in campo.

 

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