Una ferita alla democrazia
A giudicare dalle reazioni e dai lamenti dei puniti sembrerebbe che un qualche effetto le misure l’abbiano avuto. Si leggano le parole amare che arrivano da Mediaset: siamo allibiti, dicono. E aggiungono che così si nega il diritto di informazione. Singolare argomento, su cui vale la pena di soffermarci. Le ragioni della sentenza sono fondate proprio sulla lesione al diritto dei telespettatori (cioè di tutti i cittadini) a una informazione corretta. Dunque da un lato e dall’altro quello che viene invocato è un grande principio costitutivo della libertà dei moderni. La libertà dell’informazione è stata concepita fin dal ‘700 come la condizione fondamentale per la formazione di quel tribunale supremo che nelle costituzioni moderne ha preso il posto un tempo occupato dal giudizio di Dio: il tribunale dell’opinione pubblica, unico giudice dei potenti, termometro regolatore della salute politica di un paese. Ebbene la protesta di Mediaset è un rovesciamento della realtà ௿½ un altro, uno dei tanti. Perché quella che milioni di spettatori allibiti hanno visto all’opera il 20 maggio è stata una violenza alla libertà dell’informazione. Chi ha acceso i telegiornali si è trovato davanti a un atto di aperta, clamorosa violazione delle regole dell’informazione vigenti in un paese dalla costituzione democratico-liberale: nella forma, poiché di fatto si è trattato di messaggi a reti unificate, di quelli che in Italia sono riservati ai bilanci di fine anno del Presidente della Repubblica come espressione dell’unità della nazione; nella sostanza, perché tutti e cinque i canali si sono aperti senza filtro giornalistico alcuno allo stesso monologo propagandistico: e così hanno rivelato la loro vera natura di voce al servizio di un padrone incurante di ogni regola. L’offesa è stata gravissima.
È secondario chiederci che cosa abbia indotto il premier a quella uscita. In fondo, come sappiamo da tempo, il primo comandamento della sua religione dice che quel che non passa in televisione non esiste: e l’esperienza del paese in tutti questi anni ha dimostrato fin troppo a lungo che quel comandamento aveva un suo valore effettivo. Con quel monologo a reti unificate ha tentato di negare la realtà del risultato elettorale che il primo turno aveva rivelato e riportare l’orologio indietro, cancellando quel che era accaduto e quel che si preannunciava per il prossimo turno. E forse pensava che gli sarebbe andata bene anche stavolta. In fondo per anni l’informazione monopolizzata dal premier è stata un’impunita macchina del falso, per anni la realtà del paese, i suoi problemi veri, sono stati occultati. Abbiamo nel nostro passato una lunga serie di esempi di storie individuali e collettive stravolte o cancellate del tutto.
Ma restiamo alla sentenza dell’Agcom. Si tratta di capire se i cittadini possano sentirsi risarciti, cioè se quella sentenza colpisca veramente il colpevole. No, il colpevole non paga quasi nulla: quei soldi delle multe li paga il bilancio delle televisioni, cioè – per quanto riguarda la Rai – li paghiamo soprattutto noi cittadini. Si tratta anche di capire se l’ordine è stato ristabilito e la lesione riparata. Anche in questo caso la risposta è no. Ben altro ci vorrebbe: la libertà dell’informazione verrà ristabilita solo quando sarà cancellata l’anomalia del regime berlusconiano, una anomalia che è stata chiara ed evidente fin dall’inizio e che si chiama conflitto di interessi. Ma non possiamo trascurare il fatto realmente importante che è accaduto. La stessa dismisura di quello sproloquio ha rivelato proprio ciò che lo sproloquio voleva occultare e cancellare: il sentimento bruciante di una sconfitta, la scoperta che il velo calato dagli schermi televisivi del padrone in tutti questi anni si era lacerato. I risultati elettorali avevano informato il mago dell’immagine che nella sua città c’era una maggioranza che cominciava a svegliarsi dall’incantesimo. Ora, perché sia fatta veramente giustizia, si tratta di procedere nel risveglio. Sappiamo per lunga esperienza del passato che i processi di mutamento sono lenti, avvengono in profondità , sono impercettibili nel loro primo avvio: ma è nella natura dei rivolgimenti politici e sociali che nei loro inizi sia già scritta la storia che seguirà . Bisogna ora aspettare, con pazienza e con fiducia: la ferita inferta dal Cavaliere alle regole elettorali potrà forse essere giudicata dai cittadini nelle urne.
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