Un patto tra il Senatur e il Colle il timore segreto del Cavaliere

by Editore | 9 Maggio 2011 7:55

Loading

olbia – Troppe coincidenze che hanno fatto scattare l’allarme rosso a Palazzo Chigi, dove è tornato a circolare il fantasma di un possibile patto segreto tra il capo dello Stato e il Senatur. Un’intesa che porterebbe Bossi, con la benedizione del Colle, a sganciarsi dal premier nel caso le elezioni milanesi andassero male per Letizia Moratti, trasformando la battaglia della Madonnina nella Waterloo del centrodestra. E consegnando la fine della legislatura a un governo guidato da Roberto Maroni o Giulio Tremonti. Non è infatti passata inosservata l’assenza di Bossi (inizialmente era previsto) alla manifestazione del Pdl Palasharp di Milano, sabato scorso. Così come quella precisazione avvelenata che il Senatur ha consegnato giorni fa ai cronisti: a Milano se si perde è Berlusconi che perde. Ai suoi uomini, a quelli che lo hanno seguito in Sardegna per il comizio a sostegno del candidato sindaco di Olbia Settimo Nizzi, Berlusconi assicura tuttavia che l’antico rapporto stretto con il capo del Carroccio «resta solido, intangibile». Ma il timore di un «ribaltone» agita il premier, consapevole di essere entrato in una strettoia – elezioni amministrative e processi milanesi – che potenzialmente si presta a qualsiasi manovra parlamentare. Così anche il cambiamento di opinione di Bossi sulla questione del rimpastino – a caldo aveva criticato Napolitano, salvo poi ripensarci e chiedere persino «scusa» – è stato accuratamente esaminato dalle teste d’uovo del Pdl. Terminato il comizio in un albergo alla periferia di Olbia e prima di ripartire per Milano, dove stamattina lo attende l’udienza al processo Mills, Berlusconi si ferma quindi a ragionare sulle ultime mosse di Bossi e del capo dello Stato. Il clima è di ostentata tranquillità , inframmezzato da battute sulla dieta e sulla vittoria del Milan in campionato. «Su quella nota del Quirinale – dice appoggiandosi allo sportello dell’Audi, mentre tutt’intorno fanno cerchio i parlamentari sardi del Pdl – io sono stato volutamente zitto, non ho voluto fare polemiche, non ho detto nulla». Si comprende dal tono che il premier ritiene di avere buone ragioni per criticare il richiamo del Colle, ma aggiunge subito: «Siete sempre voi giornalisti che cercate lo scontro continuo, non io». E tuttavia segue una puntigliosa rivendicazione di forza, a proposito di un possibile voto di fiducia sulla composizione della nuova maggioranza: «Se in Parlamento vogliono votare, benissimo! Che problema c’è? Facciano quello che vogliono, non c’è nessun problema: noi la maggioranza ce l’abbiamo ed è più forte di prima». Quasi una sfida lanciata alle opposizioni e al Quirinale, insieme a un’ostentazione di serenità  verso i prossimi passaggi politici. A partire dal voto cruciale di Milano, dove i suoi a mezza bocca ammettono che la situazione «è ancora aperta». Gasato per il Milan tricolore, Berlusconi dà  per scontato un successo al primo turno. «A Milano vinceremo con la forza dei nostri elettori, non c’è bisogno dello scudetto, è ininfluente. Semmai è la società  a gioire visto che la vittoria all’Olimpico ci porta 75 milioni di euro di premio». E Bossi? Solidarizza con Napolitano… Berlusconi ci pensa un po’ prima di rispondere. Poi le labbra si distendono in un sorrisetto ironico. «Massì, che volete che vi dica? Bossi ha fatto bene, benissimo». E’ chiaro che, a pochi giorni dal voto e dopo aver faticosamente ricucito con la Lega sulla questione della guerra in Libia, il premier non ha alcun interesse ad aprire una polemica frontale con il suo alleato. Ma si capisce bene che il distinguo di Bossi non deve avergli fatto piacere. E nel Pdl riferiscono che l’avvertimento del Cavaliere è quello di «tenere d’occhio i leghisti». Perché le punzecchiature del Carroccio possono benissimo essere ascritte alla campagna elettorale e al «comprensibile desiderio di visibilità  di Bossi», ma Berlusconi tiene comunque tutti i radar accesi. Per comprendere se tra via Bellerio e il Quirinale ci sia qualcosa in più che l’apprezzamento per la firma dei decreti sul federalismo regionale e provinciale. Prima di congedarsi, Berlusconi scaccia i pensieri più cupi e rimette su il sorriso d’ordinanza: «Cavolo, ero dimagrito – scherza toccandosi la pancia – ma poi è arrivata la campagna elettorale, le cene di qua e di là . Ieri sera alla cena in onore del Milan ho esagerato».

Post Views: 171

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/05/un-patto-tra-il-senatur-e-il-colle-il-timore-segreto-del-cavaliere/