Thyssen, pace tra Marcegaglia e i familiari delle vittime

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TORINO – Erano già  tutti seduti, negli uffici del Palasport, tra i poster di Vasco Rossi e gli annunci dei nuovi concerti. Quindici persone con una sola domanda in faccia: «Perché quell’applauso signora Marcegaglia?». La Presidente di Confindustria è arrivata poco dopo, la tensione addosso di chi sa di partecipare a una riunione molto più complicata di un consiglio di amministrazione. «Quando la riunione è iniziata – raccontano i testimoni – l’atmosfera non era certo facile». Un appuntamento al Palasport, in casa dell’imprenditore torinese dei concerti Giulio Muttoni, una delle poche sedi facilmente controllabili perché tutto sarebbe stato utile tranne una contestazione sotto le finestre di quello che tutti i partecipanti hanno voluto rimanesse un incontro privato.
«Perché quell’applauso?». Tutti intorno a quel tavolo hanno assolutamente bisogno di trovare una risposta. Emma Marcegaglia sa che dovrà  spiegare perché una mattina di maggio più di 5.000 industriali italiani hanno sentito il bisogno di applaudire Herald Esphenam, l’amministratore delegato della Thyssen condannato per omidicio volontario al processo di Torino. E dovrà  spiegarlo alle madri, alle sorelle, alle vedove delle sette vittime, ai parenti che dopo quell’applauso le hanno chiesto un incontro chiarificatore.
Intorno al lungo tavolo delle riunioni è evidente che per i meno giovani, per le madri e i padri, guardare avanti è più duro. Nino Santino ripete le ultime parole del figlio al telefono: «Papà  mi vai a comperare le sigarette? Tra un po’ arrivo a casa». Così tocca ai giovani come Luigi Santino, ai fratelli e alle giovani vedove, prendere in mano la situazione: «Signora volevamo dirle per quale motivo quello della Thyssen non è stato un incidente sul lavoro». Così, con semplicità  i familiari delle vittime ripercorrono il processo, le accuse, le difese e concludono come ha stabilito la sentenza: «Signora, quello non fu un incidente. Ecco perché l’applauso ci ha fatto male». 
Emma Marcegaglia risponde a quella richiesta. Spiega l’impegno di Confindustria nella formazione dei manager per la sicurezza, racconta che uno dei primi atti della sua presidenza è stato quello di affidare a Samuele Gattegna, che l’accompagna a Torino, «un programma di sensibilizzazione delle imprese». Ma soprattutto si impegna a evitare che nelle aziende quello della sicurezza sia considerato un costo da abbattere. «Quando l’incontro è finito – raccontano i testimoni – l’atmosfera era molto più serena. Il nostro dolore non è superabile ma abbiamo apprezzato che Marcegaglia abbia ascoltato e capito la nostra sofferenza». La presidente di Confindustria si impegna a istituire un premio per la sicurezza sul lavoro intitolato alle vittime della Thyssen. Ne parlerà  la prossima settimana a Napolitano, in occasione dell’assemblea di Confindustria. Anche perché è stato proprio il Quirinale, all’indomani dell’applauso delle polemiche, a premere perché ieri si svolgesse l’incontro chiarificatore. Una moral suasion che è servita a superare le reciproche diffidenze, il timore di contestazioni o strumentalizzazioni. All’incontro hanno lavorato i parlamentari Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto della tragedia, e Stefano Esposito. Il premio «vittime della Thyssen» servirà , forse, a rendere l’applauso di Bergamo meno feroce.


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