Telecom punta a crescere in Brasile nel mirino la rete di Rio e San Paolo
Nel mirino sarebbe finita, sempre secondo le stesse fonti, la Aes Atimus, filiale della società americana quotata al Nyse che controlla la più grande infrastruttura di rete a fibra ottica che si estende nelle regioni di Rio de Janeiro e San Paolo, le più ricche di traffico telefonico del paese.
Aes è un fornitore di banda larga, una società non molto diversa dalla Metroweb milanese, con una rete di oltre 5mila chilometri, avendo cablato 21 comuni nelle regioni di Rio de Janeiro e San Paolo. Alla fine dello scorso anno, la capogruppo Aes ha deciso di fondere le sue società locali in un’azienda unica, Atimus. Un’operazione decisa per concentrare gli investimenti in un’unica direzione e spingere l’acceleratore su internet veloce con una base di partenza di 2 mega. «Stiamo lavorando per fornire ai nostri clienti soluzioni di comunicazioni ad alta performance», ha detto recentemente il direttore generale del gruppo brasiliano, Teresa Vernaglia. Il fatturato, circa 2 miliardi di reais, è composto per il 10% da servizi alle aziende, il resto è legato alle vendite agli operatori telefonici. Tra cui Tim Brasil.
E Tim Brasil sembra avesse già presentato un’offerta preliminare per Aes del valore di 1,4 miliardi di reais (610 milioni di euro) ma ora potrebbe essere chiamata a un’offerta vincolante più elevata per battere la concorrenza degli altri operatori interessati agli stessi asset. Nella sostanza questa potrebbe essere per Telecom Italia un’acquisizione da circa 700 milioni di euro che però potrebbe essere pagata in parte con azioni Tim che, come detto, hanno aumentato la loro liquidità . E per questa via spingere la crescita della controllata brasiliana che in futuro potrebbe lanciare offerte congiunte voce e traffico dati legate alla banda larga. Tutto ciò sarebbe inoltre compatibile con il piano industriale di Telecom presentato lo scorso febbraio alla comunità finanziaria che prevedeva investimenti per 8,5 miliardi reais nel periodo 2011-2013 di cui l’85% destinati alle infrastrutture.
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