by Editore | 21 Maggio 2011 7:48
«Yo te voto, yo te pago, yo decido» . Scritta rossa su fondo bianco, il cartello che apre il sit in vicino a piazza di Spagna sembra romanesco ma è castigliano purissimo. Perché è vero che è arrivata in Italia la protesta degli indignados, i giovani che a Madrid occupano da una settimana Puerta del Sol per protestare contro una politica che li ignora e chiedere una democrazia diretta. Ma, almeno per il momento, non c’è nessun effetto a catena, nessuna macchia d’olio che si allarga come in Tunisia ed Egitto. A protestare in piazza sono gli spagnoli che vivono in Italia, quasi tutti studenti Erasmus. È così a Roma e Milano, ma anche a Firenze, Bologna, Napoli e in tutte le città coinvolte, ieri sera, dopo un tam tam su Internet e Twitter. Su Facebook la pagina «Italian revolution: democrazia reale ora» ha superato le 10 mila adesioni. E anche sul fratello minore, Twitter, quello degli indignados italiani è stato fra i temi più popolari. Molti avevano pensato a una costola nostrana del movimento, visto che precari e studenti senza futuro abbondano anche da noi, come pure il malessere verso la politica e le sue caste. Ma per il momento in piazza scendono solo gli spagnoli, a casa loro e negli altri Paesi dove vivono. Tra i pochi italiani che partecipano al sit in di Roma c’è il «barbuto» Marco Ferrando, l’ex candidato di Rifondazione espulso da Bertinotti dopo le sue dichiarazioni su Israele. Oggi guida il Partito dei comunisti lavoratori e tiene sotto braccio il suo appello di due mesi fa, quando invitava gli italiani a imitare la protesta dal basso del Maghreb. Non poteva mancare. «Se la protesta regge in Spagna — dice — vedrete che andrà avanti anche da noi. E ne vedremo delle belle» . In piazza un centinaio di ragazzi ripete, in spagnolo, gli slogan che conosciamo anche in Italia, «Noi la crisi non la paghiamo» . Dura un’ora poi tutti a casa. — scrive su Facebook Francesco Silenzi, solidarizzando con chi manifesta: «Anche in Spagna il primo giorno non ne parlava nessuno. Ora è la prima notizia di giornali e tv» . Vero, ma l’arrivo degli indignados in Italia è solo un fuoco di paglia, acceso dalla velocità dei soliti Facebook e Twitter? Oppure il movimento crescerà come in Spagna e alla fine anche la politica dovrà farci conti? Il programma è quello originale del movimento spagnolo, gira sulla rete e viene distribuito in piazza con volantini in due lingue. Gli indignados chiedono una «rivoluzione etica» , vogliono eliminare la «dittatura dei partiti» per arrivare alla democrazia diretta, «facilitando la partecipazione dei cittadini attraverso i canali diretti» . Un’idea molto simile a quella che da tempo sostiene Beppe Grillo. In questi giorni il comico genovese è a Barcellona. Un giornale spagnolo, Pùblico, ha accostato gli indignados proprio al suo Movimento 5 stelle che alle ultime elezioni è cresciuto ancora. E Grillo ne è ben contento, del paragone: «La rivoluzione dal basso ha superato Gibilterra— scrive sul suo blog— ed è arrivata in Spagna dai Paesi del Maghreb. Il contagio potrebbe espandersi in tutta Europa. Il 2011 potrebbe diventare come il 1848, quando le vecchie istituzioni vennero travolte. Un mondo nuovo sta nascendo, l’indignazione è il suo carburante» . La protesta è appoggiata anche dal Popolo viola, il movimento nato due anni fa con il no Berlusconi Day. Dai partiti ufficiali, invece, per ora non è arrivato nessun segnale. Tranne Ferrando, che si guarda intorno e sbotta trattenendo un sorriso: «Ma la sinistra, dov’è?» .
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