Sulla FIAT non va tutto bene
Affinché ciò fosse vero, bisognerebbe che, innanzitutto, la Fiom avesse definito e sostenuto, di fronte alla Fiat, una linea chiara e comprensibile. Invece, mi pare evidente che la maggioranza Fiom si sia dotata di una linea non tanto chiara, quanto rigida. Ma una linea rigida è inadatta a rappresentare la molteplicità delle situazioni esistenti nell’universo Fiat. L’ovvia conseguenza di questa rigidità è stata data dal fatto che la linea Fiom si è spezzata in una serie di segmenti di diverso orientamento. A Pomigliano prima, a Mirafiori dopo e ieri a Grugliasco (per non parlare di Melfi), la Fiom ha dato ai lavoratori indicazioni non solo diverse, ma tra loro contraddittorie. Quel che è peggio, lo ha fatto sostenendo di essersi mossa in modo perfettamente coerente.
A Pomigliano abbiamo sostenuto che il referendum sull’accordo separato del giugno 2010 era in sé illegittimo. In dicembre, a Mirafiori, i nostri delegati hanno formato i comitati per il No e partecipato a un referendum di cui però la Fiom non riconosceva la validità . Alla ex Bertone abbiamo sostenuto i nostri delegati che prima hanno invitato i lavoratori a votare sì e poi hanno firmato un accordo che noi dichiariamo di voler combattere. Alla Sata di Melfi abbiamo deciso di non firmare un accordo di assai più modesta portata, nonostante la maggioranza dei nostri delegati fossero favorevoli a firmarlo.
Morale della favola: come funziona la nostra bussola? Nel Comitato centrale queste domande sono state poste da compagni di diverso orientamento. Sia da compagni che, come me, facendo parte della minoranza, pensano che il primo compito di un sindacato industriale non sia quello di essere spiritualmente vicini ai lavoratori, ma di organizzarli all’interno dei luoghi di lavoro; sia da compagni che, come Cremaschi, dall’interno della maggioranza avrebbero voluto che la Fiom seguisse una linea più rigida e, temo, più astratta. Ora questo è il punto: il «giusto mezzo» proposto da Landini ha dimostrato di non tenere alla prova dei fatti. Gli elementi di disagio e le voci di dissenso serpeggiano in diversi stabilimenti, non solo Fiat. Il voto blindato che si è avuto al Comitato centrale non ci aiuta a trovare la strada che ci consenta di rappresentare migliaia di lavoratori immersi in una delle più dure crisi che una Fiat in costante perdita di quote di mercato abbia vissuto nel nostro paese. Questa strada, dobbiamo continuare a cercarla.
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