by Editore | 19 Maggio 2011 6:28
«Non siamo antisistema è il sistema che è contro di noi», dicono migliaia di giovani che da giorni occupano il centro di Madrid. Non ci sono leader, né partiti, né sindacati, la forza che ha trascinato migliaia di persone a protestare nella capitale e in tutta la Spagna alla vigilia delle elezioni amministrative è la disperazione dei senza futuro. Crisi, economia stagnante e un tasso di disoccupazione che, tra coloro che sono in cerca di prima occupazione, supera il 40 percento: sono la fotografia di quella che gli economisti definiscono «generazione perduta». I social network hanno fatto il resto trasformando angoscia e malcontento in un fiume di rabbia che, come in Egitto e in Tunisia, ha trovato le sue piazze. La storica Puerta del Sol, nel centro di Madrid, e Plaza de Catalunya a Barcellona. «È il virus di piazza Tahrir che sbarca in Europa», scrivono i commentatori spagnoli.
Ieri, al terzo giorno di manifestazioni spontanee convocate via Twitter e Facebook, la Giunta elettorale ha negato l’accesso alla Puerta del Sol perché la protesta «può limitare l’esercizio della libertà di voto e la campagna elettorale» delle elezioni regionali e amministrative che si terranno domenica prossima. Ma migliaia di giovani hanno sfidato il divieto e i cordoni della polizia. Si sentono schiacciati dalla crisi, dalla precarietà e denunciano una disoccupazione al 21% nel paese, 44% per i minori di 25 anni. Sono studenti, disoccupati, casalinghe e si riconoscono in una piattaforma «Democracia real ya» (Vera democrazia subito) e nel movimento «15 Maggio»; chiedono una «democrazia partecipativa», e rifiutano un sistema politico dominato dal bipartitismo socialisti (Psoe)-conservatori (Pp), che vedono nelle mani di una casta nella quale serpeggia la corruzione. Le rivendicazioni esposte nei loro cartelli colorati vanno in tutte le direzioni. «Con l’euro le banche sono 4 volte più ricche» spiega un manifesto che enumera le differenze di prezzi fra il 1999 e il 2011. Altri riprendono la poesia del maggio francese nel ‘68: «Se non ci lasciate sognare, noi non vi faremo dormire», annuncia un pezzo di cartone. «Non siamo merci nelle mani di politici e banchieri», accusa un foglio rosso. «Abbiamo il diritto di indignarci», dice un altro.
La protesta degli «indignados» si è estesa un po’ in tutto il paese. I partiti stanno a guardare colti di sorpresa alla vigilia di un voto che nelle previsioni dovrebbe cambiare lo scenario a favore del centro-destra, oggi all’opposizione. Il principale obiettivo della protesta sociale è il premier socialista Zapatero, al governo dal 2004, colpevole – secondo gli «indignati» – di non aver saputo reagire ad una crisi che in Spagna per l’anno in corso prevede una crescita irrisoria del Pil (lo 0,8%). Zapatero ha già annunciato che non si candiderà alle politiche nel 2012, ma sul banco degli accusati c’è tutta la classe politica, di destra e di sinistra.
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