by Editore | 24 Maggio 2011 7:06
ROMA – «Vogliamo l’acqua pubblica? Guarda quanta ne sta venendo giù». Sono le quattro del pomeriggio e sul presidio organizzato davanti a Montecitorio dai comitati promotori dei due referendum sull’acqua e sul nucleare si abbatte un piccolo diluvio. Accompagnato da tuoni e fulmini. Il fuggi fuggi è generale, mentre la pioggia si abbatte sullo stand, affloscia le bandiere, distrugge i manifesti. Ma dietro il muro d’acqua qualcuno vede arrivare un’auto davanti all’ingresso della Camera, qualcuno crede di intravedere Silvio Berlusconi e si alza il coro «coglione, coglione».
Reazione quasi scontata, perché questi ragazzi sono in piazza per difendere i referendum dagli “inghippi” che il governo e la maggioranza mettono in campo per impedire che il 12 e il 13 giugno si voti. E la richiesta della fiducia sul decreto omnibus, quello che contiene il «presunto» rinvio del programma nucleare viene inquadrata in queste manovre. Uno vero e proprio «scippo di democrazia».
I comitati referendari però non ci stanno. Si sono sistemati davanti a Montecitorio per dire alle manovre di palazzo e al voto di fiducia. Ci staranno anche oggi, fra musica e interventi. Per esempio stamattina dovrebbero arrivare insieme il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli e il leader degli ecologisti giapponesi Satoko Watanabe.
Mentre la pioggia imperversa Maria Grazia Midulla, responsabile delle campagne internazionali del Wwf, spiega ad una radio che «l’obiettivo del governo, sul nucleare, è quello di rinviare tutto di un anno. Almeno a fino quando non si faranno gli stress test sulle centrali nucleari europee». Stress test che forse non si faranno mai, perché Francia e Gran Bretagna si oppongono a prevedere anche le ipotesi di attacco terroristico.
«Noi – dice comunque la Midulla – siamo sicuri di vincere». E in effetti circola un certo ottimismo. Al centro della piazza un professore napoletano spiega che «il risultato del referendum consultivo sardo è molto incoraggiante. Inoltre, Lombardo in Sicilia si è schierato contro le centrali e ha invitato a recarsi alle urne. E nel Lazio la Polverini non si schiera a favore».
Dunque fuori circola la sensazione che alla fine si possa vincere. Dentro al palazzo si gioca sempre lo stesso copione. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento chiede il voto di fiducia. L’opposizione si indigna per il metodo e il metodo. Oggi si vota. Ma almeno si vota e il decreto omnibus può diventare legge. Poi tocca a Napolitano promulgare e alla Cassazione decidere se le nuove norme superano il quesito referendario. I comitati hanno già pronto un parere pro veritate a favore dello svolgimento del referendum. Sperando alla fine che le tv si ricordino del voto referendario.
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