Siria, fuoco sui manifestanti 34 morti nella repressione

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DAMASCO – La situazione in Siria è motivo «di profonda apprensione» sia per gli Stati Uniti, sia per Israele. Lo ripete ieri il presidente americano Obama al fianco del premier israeliano Netanyahu. C’è più di un motivo per tanta ansia. Infatti ieri, nel decimo venerdì di protesta, in Siria s’aggrava il bilancio dei morti negli scontri con le forze dell’ordine: sarebbero 34 le vittime fra i manifestanti, compreso un bambino, stando ai militanti dei diritti umani. I reparti della sicurezza avrebbero aperto il fuoco contro i civili. Nell’assenza della stampa internazionale, è impossibile verificare i dati.

Le misure repressive, con l’assedio dei principali centri ribelli da parte dell’esercito (l’ultimo è Maaret al-Numan a Sud di Aleppo), con le retate di migliaia di cittadini, non sembrano fermare le migliaia di civili nelle piazze del Paese. Da Banias e Latakya lungo la costa alla regione petrolifera di Deir ez-Zor, dalle aree curde attorno a Qamishli fino all’altopiano dell’Houran nel Sud, sono risuonati slogan di «libertà » mentre altri hanno invocato «la caduta del regime». 
Questo all’indomani dell’avvertimento di Obama al presidente siriano: «Assad guidi la transizione democratica o si faccia da parte». La Francia preme sulla Ue perché lunedì i 28 ministri degli Esteri estendano le sanzioni al presidente siriano Assad, come ha già  fatto l’America, aggiungendolo all’elenco dei 13 leader già  colpiti dalla stessa misura per condannare le violenze del regime contro i dimostranti. Intanto il Libano fa sapere d’avere riconsegnato alla Siria tre soldati e il corpo di un quarto: i militari avevano sconfinato dopo che la loro postazione era stata attaccata da un gruppo di uomini armati.


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