by Editore | 18 Maggio 2011 7:28
Tempi bizzarri, dice Bruno di Prisco, quelli in cui si è arrivati a dover chiedere libertà di poter almeno morire come si vuole, che poi sarebbe la libertà ultima e totale. Va dato però atto al senatore Ignazio Marino di arricchire ancora una volta il dibattito pubblico su questioni così importanti e delicate e portarci a riflettere sulla libertà anche del medico, di chi accudisce e eventualmente accompagna alla morte il paziente. A lui tocca il fardello di tenere insieme scienza e coscienza. Per il chirurgo di fama internazionale e senatore del Pd, che giustamente attribuisce alla propaganda dei nuovi «atei devoti» la confusione tra eutanasia, suicidio assistito e libertà di cura, il medico non può avere nemmeno un ruolo «passivo» nella morte di un paziente. Non la pensano così, evidentemente, i suoi colleghi del paese elvetico dove si ritiene incivile non offrire supporto a un paziente che voglia porre fine dignitosamente ai suoi giorni e destinato altrimenti a una morte orribile. Marino però si è battuto a lungo perché si garantisse nel Sistema sanitario nazionale almeno l’accesso alle cure palliative. E invece, malgrado una legge ad hoc finalmente varata nel 2010, spesso negli ospedali italiani – ci ricorda il medico svizzero che si firma Mangusta – per pregiudizio culturale o per imposizione di certe gerarchie ecclesiastiche, è concessa solo una fine dolorosa e sofferente. Ma, come dice saggiamente Susanna, la morte di ciascuna persona è un momento irripetibile e unico, che richiede cultura e impegno nelle relazioni umane, non certo imposizioni per legge.
Una differenza
sostanziale
Conosco bene la differenza tra suicidio assistito ed eutanasia, ma non vedo concretamente il divario che altri riscontrano. O meglio, esiste una differenza sostanziale tra il ruolo «passivo» (nel primo caso) e «attivo» (nel secondo) del medico, ma credo che dal punto di vista etico questa diversità sia nulla. A causa delle mistificazioni dei «campioni della vita» di questa destra, alcuni dei quali folgorati da una recente illuminazione religiosa, si è fatta molta confusione tra eutanasia, suicidio assistito e diritto di scegliere le cure mediche a cui sottoporsi. Esiste, a mio avviso, una differenza profonda tra sospendere terapie che hanno il carattere della straordinarietà o sono ritenute sproporzionate dal paziente, come un respiratore meccanico, e porre volontariamente fine alla vita di un essere umano attraverso la somministrazione di un farmaco letale o mettendolo a sua disposizione dopo averlo informato sui suoi effetti e sul percorso da effettuare. Questo atto non può mai essere compiuto da un medico che ha il compito di assistere i pazienti in ogni fase della loro malattia.
Ignazio Marino
Né pro né contro
Eutanasia? Non sono né pro né contro. Bisogna vedere la realtà , prima di decidere. E si decida solo dopo aver fatto quel che è veramente possibile per eliminare i problemi che fanno nascere la «richiesta»: la solitudine, l’abbandono al non-senso, l’essere trattati come appendici passive del respiratore… Solo allora si può decidere. Finché se ne parla in teoria, è difficile capire chi ha torto e chi ragione. È nella pratica, nell’assistere da vicino il malato terminale, che appare la complessità della condizione umana in prossimità della morte. E la regolazione per legge appare la via più semplicistica. La medicina oggi prolunga la vita con tutte le sue macchine e tecniche e al malato terminale, prolunga la sofferenza. E il medico stesso non sa, non trova il confine tra la cura legittima e l’accanimento terapeutico, resta prigioniero della sua tecnica, dei respiratori… Bisogna avere il coraggio di non prolungare artificialmente la vita. E questa non è eutanasia. Quello che manca è una cultura dell’accompagnamento del malato alla fine: il malato si sente solo, abbandonato. A volte è bastato dire a un malato che si sente inutile, di peso ai suoi: inutile tu? Tu puoi insegnare ai tuoi figli, a chi ti sta attorno, cose molto più essenziali di quando eri sano e forte. Susanna
Contro il suicidio
Sono contrario al suicidio, figuriamoci al suicidio assistito. La pretesa di disponibilità del proprio corpo per «farne ciò che si vuole», credo che sempre separerà chi crede in Dio e chi crede in se stesso. Altrettanto chiaramente credo che continuare le terapie a una persona non consenziente e contro il volere dei suoi parenti più prossimi sia una di quelle incredibili assurdità che nessuna società , quali che ne siano i principi fondativi, dovrebbe mai consentire o prescrivere. In entrambi i casi non vi è rispetto per la vita nel suo senso integrale: nel primo caso questo avviene in nome della libertà dell’individuo, che notoriamente è una finzione giuridica; nel secondo caso in nome della scienza, che oltre a sapere ciò che è vero (o meglio ciò che è certo) dovrebbe sapere ciò che è giusto, che è una finzione epistemologica. Valter Di Nunzio
La vita è mia
Miei sono i problemi della vita e mia dev’essere la decisione sulla sua fine. Non accetto in assoluto intromissioni di stupide credenze religiose e superstizioni. I clerici e tutti i loro servi bigotti e analfabeti debbono solo tacere. Dobbiamo essere liberi di farlo come i bigotti son liberi di non farlo. Rocco Crocitti
Bizzarra domanda
Quale bizzarra domanda! Ma forse è giusta. In un periodo in cui il diritto a una vita dignitosa – e mai dolce – è un sogno, si vuole ottenere almeno il diritto a una buona morte. Che almeno qualcosa sia nostro. E che cosa di più nostro della morte? Quando un uomo muore è solo. Non lo accompagnano amici animali o dei. Ma che tempo è quello in cui per ottenere la libertà occorre morire? Tempo bizzarro… Saluti. Bruno Di Prisco
Alcune precisazioni
Sono un medico svizzero e vorrei fare alcune precisazioni. La prima è che bisogna fare una differenza tra eutanasia e suicidio assistito. A differenza dell’Olanda dove l’eutanasia è possibile, in Svizzera c’è il suicidio assistito. Alcune organizzazioni aiutano pazienti terminali a porre fine alla propria vita. La seconda precisazione è che anche se alcuni partiti di destra vicini ad ambienti religiosi hanno chiesto di limitare il suicidio assistito, nel cantone di Zurigo hanno espresso voto contrario l’80% dei votanti. Ma a Zurigo la maggioranza dei votanti sono anche schierati molto a destra alle votazioni politiche. Questo dato fa emergere il fatto che in Svizzera discussioni sulla libertà dell’individuo o i diritti della comunità sono molto più sentiti anche da persone che invece su temi più economici e politici si schierano nettamente con partiti reazionari e di destra. Infine aggiungo che al di fuori della possibilità di suicidio assistito, in Svizzera all’interno della sanità pubblica, c’è una branca della medicina palliativa che accompagna i malati terminali o le persone con sofferenze molto elevate e utilizza farmaci che in Italia, per colpa della chiesa cattolica e del malsano giudizio che la sofferenza fa parte della vita, non si utilizzano. Avendo studiato in Italia del Nord ho visto morire malati di tumore tra sofferenze grandissime con farmaci antalgici ridicoli dove alcuni medici si rifiutavano di dare morfina per motivi spesso religiosi o più ridicoli ancora. Negli ospedali pubblici in Svizzera c’è un’alternativa al suicidio assistito ed è la mmedicina palliativa. Salute! Mangusta
mentre l’italia si appresta a impedire per legge il testamento biologico e limitando la libertà di cura dei malati terminali, in Svizzera un referendum boccia il movimento conservatore che voleva escludere i pazienti stranieri dalla pratica del suicidio assistito, in vigore nel paese dal 1941. I cittadini del cantone di Zurigo hanno detto no all’80%.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/05/se-manca-una-cultura-del-morire/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.