Rimpasto, Bossi gela il premier “Napolitano ha ragione, mi scuso”

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ROMA – Bossi fa marcia indietro e chiede «scusa» a Napolitano. Nel giorno in cui il presidente firma e dà  il via libera al decreto sul federalismo («È un uomo di parola e gli dico grazie» chiosa il Senatur), lui dichiara che sulla richiesta di una nuova fiducia il presidente «ha ragione». Bossi lo motiva e fa una brusca marcia indietro rispetto alle sue dichiarazioni a caldo. «Gli devo chiedere scusa. La questione ha una sua ragione, visto che ci sono tra i nuovi sottosegretari alcuni che avevano votato contro il Governo». Poi, quasi a sminuire parole favorevoli al Colle che certo non possono piacere a Berlusconi: «Non ci sono problemi di fiducia perché il governo prenderà  un sacco di voti». Musica opposta tra gli uomini del Cavaliere, da Verdini a Napoli a Lupi a Cicchitto a Gasparri, dove s’invita il capo dello Stato a rientrare nei ranghi perché «non siamo in una Repubblica presidenziale». 

Schifani e Fini, a mezzogiorno, fanno quello che compete alla seconda e alla terza carica dello Stato dopo l’invito di Napolitano. Annunciano assieme che «dopo le amministrative convocheranno i capigruppo». Si capirà  allora con che risultato. Visto che adesso, Bossi e Lega a parte, è un fiorire di contestazioni del suo passo «contro» Berlusconi. 
Di certo non la pensa così Fini che a Torino, mentre presenta il suo ultimo libro L’Italia che vorrei, definisce «inequivocabile» il messaggio del Colle: «La nota è chiarissima. Non si chiede un voto. Non è assolutamente necessario, ma questo non vuol dire che non ci sia un voto se ci sarà  dibattito». Italo Bocchino lo dice brutalmente: «Napolitano certifica quello che diciamo da sempre, Berlusconi è un ribaltonista». 
Toni opposti in casa Pdl dove gli umori sono sempre contro Napolitano. Durissimo il coordinatore Denis Verdini: «Un richiamo sbagliato. Coloro che sono passati in maggioranza hanno votato tutti la fiducia. E dei nove nuovi sottosegretari sei sono stati eletti col Pdl». Poi lo slogan della giornata, il puntello del Pdl: «C’è una Costituzione scritta di cui il capo dello Stato è garante, e una Costituzione materiale. Quella ce la lasci fare a noi. «No», quindi, alla Repubblica «presidenziale». Quello che dice sempre il vice capogruppo alla Camera Osvaldo Napoli: «Esistono altre democrazie in Occidente in cui il potere esecutivo è ridotto a tanta sottomissione rispetto al potere arbitrale del capo dello Stato. Come la Francia. Ma quella è una Repubblica presidenziale, ed è scritto nella Costituzione». Per giunta una mossa «tardiva» perché «il perimetro della maggioranza era già  mutato con l’uscita dei finiani in dicembre».
La linea è questa. Il vice presidente della Camera Maurizio Lupi: «Da settembre a oggi abbiamo chieste e ricevute tantissime fiduce». Il capogruppo Fabrizio Cicchitto: «Non c’è ribaltone. C’è sostanziale continuità  rispetto al voto del 2008». Idem l’omologo del Senato Maurizio Gasparri. «Numerosi voti di fiducia hanno già  verificato che la maggioranza è solida».

 


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