Ratzinger e la chiesa anarchica

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Ed è questa presa delle direttive riformatrici nella base della vita ecclesiale che ha assicurato al Concilio del XX secolo una ricezione fondamentalmente riuscita, quantunque non esente da limiti.

La complicazione più ostinata è il rifiuto delle riforme da parte degli integralisti eredi di Marcel Lefebvre. Per poter assorbire la loro contestazione, il Vaticano ha moltiplicato le concessioni. In nome del principio di accoglienza di forme cattoliche differenti, e nella speranza di chiudere il loro scisma, Ratzinger è stato il più generoso con loro. Ma il risultato finora visibile è di averli incoraggiati a ulteriori appetiti. Il Vaticano spera che questo passo per la governance della coabitazione tra messa pre-conciliare e messa della riforma potrà  avvicinare l’obiettivo di un ritorno della setta nelle braccia dell’unica Chiesa. Ma negli episcopati serpeggia il timore che il prezzo dell’operazione sia fallimentare, finisca cioè per disseminare il conflitto alla base, erodere il consenso sulla validità  permanente del Vaticano II, col risultato di legittimare la restaurazione lefebvriana come schema della Chiesa futura. È un dispositivo in cui non difettano aspetti paradossali. Sembra che la Chiesa di Ratzinger accetti di farsi liquida, se non babelica. In nome del principio dell’accoglienza ammette che gruppuscoli di cattolici arcaici con preti di loro gusto, anzi che preti nomadi di passaggio si presentino occasionalmente in una parrocchia per far messe in latino. Le norme prescrivono ora che vengano accontentati. E sono proprio i campioni del ritorno a una Chiesa autoritaria e illiberale che, in nome della difesa della Tradizione, adottano procedure tipicamente anarchiste per scompigliare l’ordine gerarchico nelle diocesi e nelle parrocchie, con la benedizione di Benedetto XVI. Gli stessi vescovi sono ora alla mercé di questi allievi di San Pio V: se appena osassero contrastare le loro esigenze, si troverebbero denunciati in Vaticano: non si ricordava un simile grado di contestazione dell’autorità  dei vescovi, un principio di disgregazione dell’unità  gerarchica della Chiesa che non viene istituito dal basso, ma questa volta dal Soglio.


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