by Editore | 24 Maggio 2011 6:42
«L’abuso di alcol è un grande problema, eppure nessuno dice nulla sul fatto che ogni giorno anche i giovanissimi vengono raggiunti da almeno dieci minuti di pubblicità che ne incentiva il consumo». Ad affermarlo non è uno qualunque ma il professor Mauro Ceccanti, docente di metodologia clinica e di semeiotica medica presso l’Università La Sapienza di Roma, nonché responsabile del Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio. Poi il professor Alfio Lucchini, psichiatra, presidente nazionale della Federserd (l’associazione che rappresenta gli operatori dei Sert) aggiunge le cifre: «In Italia muoiono ogni anno circa 30.000 persone a causa dell’alcol, e l’alcol è la prima causa di decesso fra i giovani sotto i 24 anni. Secondo le stime dell’Istituto superiore di Sanità sono a rischio di abuso alcolico il 18,5% dei ragazzi e il 15,5 delle ragazze sotto i 16 anni di età . E, attenzione, la diffusione dell’alcol nella popolazione femminile non solo è in aumento ma avviene prevalentemente nell’età adolescenziale».
Sono dati e cifre che allarmano, diffuse in occasione di un recente incontro organizzato dalla casa farmaceutica Merck Serono per ufficializzare l’ingresso in fascia A di un prodotto, l’Acamprosato, da utilizzare nel contrasto alla alcol-dipendenza. Dunque, anche per l’alcol al pari di altre sostanze che creano dipendenza, si conferma la linea di considerare l’abuso cronicizzato non più come una devianza comportamentale ma, piuttosto, come una vera e propria malattia, da curarsi con tutti i mezzi a disposizione, farmaci compresi. Perché – come ha spiegato il professor Ceccanti – ogni uso, e a maggior ragione ogni abuso, esce alla fine dalla sfera dei comportamenti volontari, entra in profondità nella fisiologia del nostro corpo, ne modifica a volte in modo irreversibile gli equilibri e arriva persino a incidere sulla struttura genetica. Un esempio banale? Circa il 50% delle popolazioni orientali non può bere alcol perché sprovvista degli enzimi che metabolizzano l’acetaldeide. Insomma, come il precetto islamico di rifiuto dell’alcol ha prodotto tale incompatibilità genetica, così pure, al contrario, un consumo alcolico abituale produce l’effetto contrario. Insomma il dna – ha aggiunto il docente – non può essere considerato come una fotografia fissa e inalterabile dell’individuo». E l’abuso crea disastri, da combattere sia con psicoterapie che con medicine.
Ne dovrebbe derivare anche un approccio culturale, e politico, diverso verso tutto il tema tossicodipendenze. Ma, purtroppo, oltre la sfera specialistica e medica più informata – come ha spiegato Lucchini – il caos determinato dall’intreccio di competenze è incredibile: sopra e prima dei malati e dei medici ci sono, ognuno con i suoi delegati ad hoc, la Presidenza del Consiglio, il ministero della Salute, quello dell’Interno, quello dei Trasporti, le Regioni, i Comuni௿½risultato: «In Italia almeno un milione di persone ha bisogno di essere curata subito, adesso, e invece presso i nostri servizi alcologici – spiega il professor Lucchini – sono in trattamento non più di centomila pazienti, di cui solo 23mila anche con medicine». Cosa bisognerebbe fare nell’immediato per organizzare una risposta più efficace? «Bisogna migliorare gli accessi ai servizi».
E qui siamo tirati in ballo un po’ tutti, perché alla porta di un centro di trattamento anti-alcol si arriva per varie strade, fra cui la prima è la famiglia, poi i medici di base, poi la scuola௿½ Ma occorre sensibilità e informazione, perché il pericolo è diffuso e dissimulato fra di noi. Si calcola che in Europa fra i 5 e i 9 milioni di bambini vivono in famiglie con problemi di alcol. Ma, dato ancor più preoccupante, sta aumentando in modo impressionante l’abuso di alcol fra i giovanissimi, associato ad altre droghe (soprattutto cocaina e amfetamine) e alla dipendenza da comportamenti compulsivi. «L’alcol – conclude Lucchini – ha un effetto fasico, eccitativo/sedativo, e come modulatore dei comportamenti ben si sposa con problematiche tipiche dei nostri tempi, come la dipendenza da Internet, lo shopping compulsivo, il gioco d’azzardo».
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