Quel meccanismo inceppato tra padri ricchi e figli precari

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I bambini avevano il salvadanaio, le loro madri e i loro padri avevano il libretto postale. Eravamo cauti nelle spese. Eravamo un paese di poveri che però scommettevano, con un certo legittimo ottimismo, sul futuro. Sapevamo insomma che un giorno quei soldi faticosamente guadagnati e risparmiati sarebbero serviti a comperare una macchina, a fare una vacanza, a mandare un figlio all’Università , e, finalmente, a comperare una casa. E, tutto sommato, le cose sono andate più o meno così.
Poi, all’epoca delle formiche è subentrata la felice epoca delle cicale, quando anche grazie agli investimenti su Bot e CCT, e a qualche accorta operazione di borsa, tutti ci sentimmo, e forse eravamo davvero, più ricchi più felici persino più belli. E potevamo persino risparmiare, magari per comperare la seconda casa, al mare o in campagna, mentre i figli crescevano.
Mi chiedo quando ci si è resi conto che le cose non andavano per il verso previsto, quello cioè di una crescita forse lenta, incerta ma sostanzialmente ininterrotta delle nostre possibilità  economiche, del nostro reddito. Sono passati anni perché ci rendessimo conto che qualche meccanismo si era inceppato. E mentre i padri continuavano, nella misura del possibile, a lavorare e risparmiare, l’orizzonte del futuro si faceva sempre più incerto. I figli, nei quali erano state riposte tante speranze e che avevano dedicato tanti anni agli studi non trovavano che lavori precari, dal futuro quanto mai incerto. 
La generazione dei padri prese insomma coscienza di un fatto che sembrava incredibile, che sembrava in contraddizione con tutta la storia precedente. Prese coscienza cioè del fatto che i figli sarebbero stati domani non più ricchi, ma più poveri dei padri. Nel frattempo parte del risparmio accumulato negli anni si andava consumando per garantire alle famiglie, nonostante gli aumenti dei prezzi, il tradizionale benessere, il tradizionale tenore di vita. 
Secondo Eurostat (la notizia è di ieri) per la prima volta la propensione al risparmio delle famiglie italiane è notevolmente al di sotto della media europea. Francesi e tedeschi continuano – beati loro – a risparmiare. Noi non ce la facciamo più. In Italia infatti la propensione al risparmio è scesa di tre punti percentuali rispetto all’anno precedente, e di altrettanto è diminuito il nostro potere d’acquisto. Detto in altri termini: spendiamo di meno e risparmiamo di meno. «Non siamo più formiche – ha commentato Chiara Fornasari, partner di Prometeia – perché non possiamo più permettercelo». 
Non siamo più formiche. Ma non siamo certamente cicale. Stanno cambiando persino le nostre abitudini alimentari. In qualsiasi supermarket è possibile notare l’affanno con il quale le donne vanno alla ricerca del prodotto «in offerta», del prodotto scontato. Siamo stati un paese di poveri che sapevano di poter diventare ricchi, oggi siamo un paese di benestanti che hanno paura di scivolare nella povertà .


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