Quando sesso e potere distruggono le carriere

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Se la storia rigurgita di esempi, sghignazzi, drammi e tragedie di uomini troppo superbi e vanitosi per resistere alla più umana della tentazioni e precipitati a capofitto nella “trappola del miele”, il suicidio politico e civile del direttore francese del Fondo Monetario Internazionale, è una pagina nuova e inedita nell’enorme libro della libido impazzita e autodistruttrice.

Come un qualsiasi Kobe Bryant, il campione di basket ventenne ubriaco di ormoni accusato di violenza sessuale su un cameriera d’albergo in Colorado nel 2003, proprio lui che, bello ricco e famoso, avrebbe potuto avere armate di donne, così oggi Strauss-Kahn paga il prezzo che gli uomini drogati dalla vanità  pagano alla sessualità : la certezza di potere avere ogni donna, ovunque, nel nome e nell’immunità  del proprio potere, l’irresistibile afrodisiaco che nessuno è ancora riuscito a comprimere in pillole. Non amore, non libido, non «scappatelle» o voglie comprensibili. Potere.
Manifestato nel signoraggio sulle femmine del gregge. Storia antica e banale, che il caso Strauss-Kahn arricchisce, se confermata, di prospettive più ignobili. Pochi ricordano che persino Barack Obama è presidente degli Stati Uniti grazie al sesso. Non suo, di un altro, dell’avversario elettorale che con i suoi vizi segreti nel 2004 gli spianò la strada per il Senato e dunque per la Casa Bianca. Ogni cultura, ogni epoca, ogni sistema politico conosce gli effetti e le conseguenze di «pensare con quello che hanno fra le gambe e non fra le orecchie», come fu detto degli insaziabili Kennedy Brothers.
È una galleria perfettamente bi-partisan e bi-tutto, che può aiutare carriere, come distruggerle, secondo il grado di trasgressione e la capacità  nazionale di ignorare e tollerare atti e menzogne. Senza la rivelazione che Jack Ryan il suo avversario repubblicano nelle elezioni per il Senato del 2004 frequentava «locali bizzarri» e amava riprendersi in video mentre amoreggiava, fatta dalla moglie furiosa (sempre le mogli, le vendicatrici) dopo un divorzio, la vittoria elettorale di Barack Obama alle politiche forse non sarebbe avvenuta. E la strada verso la Casa Bianca non si sarebbe spalancata.
Sesso tuo, vita mea. Non deve essere stato così nel caso di Strauss-Kahn che si era rifugiato nel ventre accogliente di un aereo francese all’aeroporto Kennedy, dopo avere avuto la delicatezza nazionalistica di assalire una domestica in un hotel di proprietà  francese, tirando un sospiro di sollievo quando il trattore aveva cominciato a spingerlo verso la pista. Ma, apparentemente, lo scandalo scoppia tra lo stupore indignato dei seduttori sedotti. Non capiscono, per loro è naturale, normale, un «fringe benefit» del potere come l’autista, l’ufficio con i ficus, la poltrona in First Class, la facoltà  di avere ogni donna che li stuzzichi. Chi si scandalizza appare a loro come un moralista, un «puritano», un ipocrita, magari dimenticando che i primi e massimi ipocriti sono proprio coloro che predicano le virtù pubbliche mentre sfogano le voglie private.
Nell’America di oggi, Barack Obama, come il suo predecessore Bush, deve tenere rigorosamente chiusa la lampo dei calzoni («zippergate» fu una delle infinite e scollacciate definizioni dell’era Clinton) se vuole sopravvivere al gossip. E pure a una First Lady come Michelle che ha l’aria, e il «physique du role» di chi lo sbranerebbe se lo pescasse a giocare con le stagiste. Ma la tradizione dei sospetti e degli «affari» con donne più o meno consenzienti e consapevoli, spesso intimidite davanti al potere maschile, è antica quanto la Repubblica stessa. 
Molto prima che l’industria del gossip, di Internet e della tv satellitare immortalasse ogni occhiata concupisciente al sedere delle signore come quelle scoccate dal re globale del guardonismo, Silvio Berlusconi, Thomas Jefferson, padre dei padri della patria e secondo presidente trovò le sue numerose avventure pubblicizzate dai giornali e dai politici di opposizione. Seduttore di pari opportunità , il «libertino» come fu definito portava negli scomodi lettoni del tardo Settecento signore francesi quando viveva a Parigi come ambasciatore, tentava la sorte con mogli di amici, ammettendo di malavoglia i propri «comportamenti scorretti». Una sua relazione con una schiava, Sally Jenkins, certamente non in condizione di negarsi, produsse anche un figlio segreto.
Schiave come cameriere d’hotel, guardate come pecorelle naturalmente a disposizione del padrone, del «pezzo grosso», del Capo. Era lontano, Jefferson, dagli inseguimenti delle segretaria attorno alle scrivanie della Casa Bianca nei quali lo sportivissimo JFK si esibiva dimenticando il mal di schiena, ma almeno a lui furono risparmiate le accuse rivolte a Quincy Adams, presidente nel 1801, di avere un ambasciatore personale che da Londra lo riforniva di due, sempre due, «piacenti signorine inglesi» all’anno per il suo intrattenimento.
L’assenza di macchine e pellicole fotografiche evitarono a questi dignitosi puritani la vergogna dell’immortale immagine del senatore Gary Hart, leader del partito democratico e sicuro candidato alla Casa Bianca colto a bordo di uno yacht in Florida con la signorina Donna Rice sulle ginocchia. E la mano birichina di lui intenta alla scalata delle ammirevoli gambe, fermata, a pochi secondi dal traguardo dalla mano prudente di lei, conscia dell’obbiettivo. Il viaggio, almeno quello verso la Casa Bianca, finì. «La carriera di un politico può essere distrutta soltanto se viene scoperto in compagnia di un bambino morto o di una ragazza viva» diceva onorevole Tip O’Neill. Fortunatamente, la casistica, pur ampia e sordida, si esaurisce con le giovani donne molto vivaci
Eppure raramente, a differenza di quello che potrebbe essere il caso di Strauss-Kahn che sarebbe, se provato, un crimine senza attenuanti, questi kamikaze del sesso commettono reati. Contrariamente al luogo comune globale, Clinton non fu mai «impeached», cioè incriminato e processato, per avere usato Monica Lewinsky come una bambola di gomma, ma per avere mentito alla magistratura e tentato di dirottare e ostacolare, le indagini, un reato che spesso è conseguenza della caduta nella «trappola del miele». L’avversario di Obama nel 2004 fu devastato dal ridicolo e furono la mendacità  e l’ipocrisia a fulminare un altro belloccio con la lampo facile, il senatore Edwards, quando dovette ammettere di avere una relazione stabile con una collaboratrice.
Non era certamente un crimine l’amore fra Marc’Antonio a Cleopatra, ma regalò il nascente Impero al rivale Ottaviano, come non ci furono reati specifici imputabili al ministro della Difesa John Profumo sprofondato nelle grazie obbiettivamente notevoli della «ragazza immagine», allora dette «squillo», Christine Keeler. È sempre la bugia, non il moralismo puritano, a inchiodare il bugiardo. Newt Gingrich, il tonante demagogo repubblicano che oggi ritenta la corsa alla Casa Bianca, l’inventore del copiatissimo «Contratto» con gli elettori, aveva un’amante mentre la moglie soccombeva a un tumore al seno. E lui tuonava invocando il ritorno ai «valori tradizionali» di Dio, Patria e Famiglia. Come sempre, valori buoni soltanto per gli altri.
Dalle prediche contro «l’omosessualità » e dall’opposizione feroce a ogni legalizzazione delle unioni fra cittadini dello stesso sesso, che non impedivano al senatore Larry Craig di frequentare gabinetti pubblici tentando di far piedino al vicino, per sondarne, in quel romantico contesto, la disponibilità . Lo scivolo è lubrificato dalla certezza dell’impunità , quella che spinse presidenti di commissioni parlamentari potentissime, come Wilburn Mills, ad assumere come segretaria molto privata, ma a spese del contribuente, Annabella Battistella, in arte «Fanne Fox» o indusse il governatore dello Stato di New York, Elliot Spitzer, con ambzioni presidenziali, a ingaggiare i servizi di un’agenzia di «escort», con tanta assiduità  da meritare sconti sulle tariffe.
Strauss-Kahn non è l’eccezione. Sono la sua brutalità , se sarà  provata, la sua violenza, il fatto nuovo e criminale. Molti non ci credono, non ci possono credere e forse non ci crede neppure lui. Come osa, una piccola «femme de chambre», una domestica, accusare lui, il signore, di averne abusato?


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