Quando la politica è fatta di parole

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Un vocabolario per rivitalizzare il linguaggio politico dei nostri giorni. Un modo per rileggere le parole importanti del lessico democratico, spesso stravolte, mistificate o inflazionate. Una lista di otto vocaboli complessi, controversi. È questo lo scopo degli incontri dedicati alle Parole della Politica, un’iniziativa ideata e progettata dagli editori Laterza, che coinvolge giuristi, giornalisti, filosofi, politologi, intorno a otto parole selezionate tra quelle considerate più interessanti all’interno del dibattito pubblico attuale. 

Si partirà  il 16 giugno con la parola “libertà “, al centro dell’intervento di Gustavo Zagrebelsky. Parola insidiosa. È libertà  quella che affranca, scioglie e proscioglie dagli incomodi, dimenticando gli interessi generali della società ? Oggi più che agli uomini liberi, allude alla possibilità  di fare quel che si vuole. Più che le regole del gioco democratico evoca la sregolatezza di chi si sente affrancato dalle leggi. Jonathan Franzen ha raccontato di aver deciso di scrivere Freedom, il suo ultimo romanzo, dopo essersi accorto che la parola libertà  era tra quelle più abusate, e dunque fraintese, nel linguaggio attuale: «È servita perfino a giustificare l’operazione Iraqi Freedom». Così, il progetto, quest’anno alla seconda edizione, realizzato in collaborazione con Repubblica e Fondazione Musica per Roma con il sostegno della Provincia di Roma, nasce proprio dall’esigenza di riattivare la carica originaria di un vocabolario che rischia di essere equivocato. Gli incontri, all’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 16 giugno al 7 luglio, saranno introdotti da Vladimiro Polchi. 
«Le parole sono importanti», dice Nanni Moretti in Palombella Rossa. Importanti e troppo spesso svuotate (o spostate) di significato. Etica pubblica, identità , piazza, leadership, visibilità , memoria, minoranza. Sono questi i vocaboli da riscoprire. Ed è questo il prontuario lessicografico da cui ripartire. Otto vocaboli per otto incontri. Otto maniere per riflettere su chi siamo a partire da come parliamo. Che fine ha fatto l’etica rispetto alle nostre consuetudini? Sarà  Barbara Spinelli a riflettere sulla scienza che governa i nostri costumi. 
Ci sono parole logorate per troppo uso e parole che rischiano eccessi di retorica. “Identità “, affidata a Remo Bodei, è una di queste. L’identità  è diventata l’identico, ciò che non è sostituibile, ciò che è riducibile ad una stessa idea. Così come la “leadership”, che preferisce la deriva solitaria al ruolo di nave guida. «La politica ha perso il senso dei fini ultimi e si è ridotta a semplice amministrazione», spiega Giuseppe Laterza nel presentare l’iniziativa. L’ultimo appuntamento, il 7 luglio, sarà  sul termine “minoranza”, discusso da Corrado Augias. Nel mondo della “visibilità ” come chiave per il successo (ne parlerà  Michela Marzano), alcune parole rischiano di ritrovarsi in disparte. La “memoria”, ad esempio: perché ricordare quando si può vivere leggeri senza il peso del passato? La neolingua di Orwell in fondo era proprio questo: la cancellazione del vecchio con il nuovo, della ricchezza semantica con poche parole senza più sfumature.

 


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