“Sì al suicidio assistito anche per chi viene dagli altri Paesi”

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ZURIGO – Nel canton Zurigo chi è stanco di soffrire per malattie terminali potrà  continuare a farsi aiutare a morire, dalle due associazioni, Exit e Dignitas, che praticano l’assistenza al suicidio. Lo ha deciso, ieri, in maniera plebiscitaria, la maggioranza dell’elettorato, spazzando via le due iniziative popolari, sottoposte ai cittadini con la formula del referendum, che ne chiedevano l’abolizione, a livello sia locale sia nazionale. «Il diritto di morire è una faccenda privata, che non riguarda lo Stato, né tantomeno la Chiesa”, lo slogan con cui, in vista del voto, si era espresso il vice-presidente di Exit, Berhard Setter. Nel mirino delle due iniziative sostenute l’una dall’Unione democratica federale, un piccolo partito di destra, l’altra dal Partito evangelico, formazione di ispirazione religiosa, c’era soprattutto il cosiddetto “turismo della morte”, ovvero quello praticato da Dignitas, che consente agli stranieri di fruire di un diritto che è negato nella maggioranza degli altri Paesi europei. «Con questo voto – ha detto non a caso ancora Berhard Setter di Exit – Zurigo dimostra di essere fedele alla tradizione umanitaria della Svizzera, un paese abituato a correre in soccorso degli altri». Questo nonostante Exit non prenda a carico persone provenienti dall’estero. Tuttavia, secondo Bernhard Setter «in virtù del voto di ieri degli zurighesi, gli altri governi europei dovranno affrontare la questione». E al voto di ieri parrebbe non essere stato estraneo il gesto disperato della scorsa settimana di Gà¼nter Sachs, l’ex-playboy tedesco suicidatosi, a Gstaad, dopo aver appreso di essere malato di Alzheimer. Exit o Dignitas, c’è chi ha commentato nei giorni successivi, gli avrebbero garantito un potente barbiturico come il Pentobarbital, mentre il 78enne ex-marito di Brigitte Bardot ha dovuto impugnare una pistola. «Si prende un bicchiere, si beve la pozione, nel giro di 10 minuti si perde conoscenza e, al massimo in un’ora è tutto finito», aveva dichiarato, in un’intervista a Le Monde, Ludwig Minnelli, il tetragono avvocato tedesco fondatore e padre-padrone di Dignitas, l’associazione che accetta pazienti anche dall’estero. «Ho a che fare con gente che cerca una via d’uscita, quando la loro sofferenza diventa intollerabile», aveva aggiunto, spiegando come chi si affida a Dignitas deve presentare una cartella clinica ed accettare di venire visitato da uno dei 7 medici che collaborano con l’associazione. Per diventarvi membro si deve pagare anche una quota di 6 mila franchi all’anno, poco meno di 5 mila euro. Al voto di Zurigo guardava, con parecchio interesse, il governo svizzero, che da tempo sta meditando una diversa e magari più restrittiva regolamentazione dell’assistenza al suicidio. Sicuramente, a questo punto, una proibizione è esclusa. E la decisione riaccende il dibattito anche in Italia a pochi giorni dall’esame alla Camera del provvedimento sul testamento biologico (previsto per il 18). «L’esito del referendum dimostra che c’è una tendenza in Europa ad affermare l’eutanasia e, dunque, la morte come un diritto», ha sottolineato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, aggiungendo che questo «rende ancora più urgente fare una legge in Italia». Non vede, invece, un collegamento tra il voto in Svizzera ed il dibattito sul biotestamento il senatore del Pd Ignazio Marino, secondo cui «suicidio assistito vuol dire aiutare una persona a morire uccidendola con un veleno, seppure su sua richiesta. Niente a che fare con la libertà  di scegliere le cure cui sottoporsi». «Uccidere non è un diritto, ma un delitto», ha affermato, dal canto suo, il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, che paragona l’assistenza al suicidio all’incentivazione del riciclaggio di denaro sporco.


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