“Scippo” alle donne sulle pensioni addio ai risparmi della riforma

by Editore | 19 Maggio 2011 7:05

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ROMA – Qualcuno parlava già  del “tesoretto” delle donne. E invece i risparmi derivanti dalla parificazione dell’età  pensionabile nella pubblica amministrazione, quasi quattro miliardi di euro tra il 2010 e il 2020, sono spariti, affondati nelle sabbie mobili della spesa pubblica. Ed è andato a vuoto il tentativo di recuperare quei fondi effettuato in extremis dalla vicepresidente del Senato Emma Bonino: la risoluzione presentata con Maria Ida Germontani e Pietro Ichino (che alla Camera era stata sottoscritta anche da deputati della maggioranza, tra i quali Lella Golfo e Beatrice Lorenzin) a Montecitorio non è stata poi votata per motivi procedurali, e al Senato è stata respinta per soli quattro voti. L’emendamento respinto si limitava a chiedere alla maggioranza di applicare il decreto-legge n.78 del 2009, facendo in modo che i risparmi dovuti all’innalzamento e all’equiparazione dell’età  pensionabile delle donne nel pubblico impiego venissero destinati a «interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza e all’esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici».
Eppure era stata proprio il ministro delle Pari Opportunità  Mara Carfagna a chiedere che quei fondi venissero spesi per alleviare il gravoso carico delle donne, che si occupano spesso a tempo pieno di genitori e figli, finendo per non avere tempo ed energie da dedicare al lavoro e alla carriera (e infatti il tasso di occupazione femminile italiano è il penultimo nella Ue, dopo di noi c’è solo Malta). Il decreto 78/2009 (convertito con legge 102/2009, e modificato dalla l.122/2010) attua una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità  Europee. I fondi “risparmiati” grazie all’innalzamento dell’età  pensionabile sono 120 milioni di euro nel 2010, 242 nel 2011, 252 nel 2012 e così via fino ad arrivare al totale di 3 miliardi e 950 milioni nel 2020, anno a partire dal quale la riforma entrerà  a regime e quindi i risparmi saranno fissi: 242 milioni di euro l’anno. Queste somme sono state destinate dall’art.22-ter l.102 del 2009 al “Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale” (istituito con il decreto-anticrisi del 2009): una scelta che ne rende difficile la tracciabilità . 
Quanto alle prime due tranche dei 4 miliardi, sono stati spesi in tutt’altro modo: la legge finanziaria 2010 ha previsto la sottrazione dal “fondo strategico” di circa 120 milioni di euro a copertura dei maggiori oneri derivanti dai provvedimenti nel settore sanitario. Mentre la legge di stabilità  2011 ha previsto che dal “fondo strategico” siano sottratti stavolta 242 milioni di euro, destinati a una serie di misure che nulla hanno a che vedere con la conciliazione: tra le varie destinazioni università , ricerca e sviluppo, missioni internazionali di pace, ammortizzatori sociali, come spiega il sito delle economiste Ingenere. 
Uno scippo, insomma. E’ per questo che Emma Bonino e i firmatari della risoluzione respinta dal Senato lanciano un appello alla mobilitazione «contro un furto insopportabile» e a favore di un «welfare anche a misura di donna nel nostro Paese»

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