“Né giudice né dio solo un detective”

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Oggi Vitt stava dando la caccia a un falsario. Un assegno da 200 dollari, firmato da H. W. Twitchell (della Twitchell Bocker Box Company), era stato girato da Henry F. Weber e incassato in banca. Vitt si trovava ora nell’ufficio di Twitchell e parlava con lo stesso Twitchell, che non ricordava di conoscere nessun Weber.
«Mi piacerebbe vedere gli assegni che ha annullato negli ultimi due mesi» disse il detective.
Il fabbricante di scatole era evidentemente a disagio. Era un omone e la sua faccia arrossì e sembrò gonfiarsi in un colletto troppo stretto.
«E perché?» chiese sospettosamente.
«Questo falso è troppo ben fatto per non essere stato copiato da quelli. L’assegno che più gli assomiglia dovrebbe portarmi al falsario. In genere, funziona». 
Vitt cercò, prima di tutto, gli assegni che avevano messo in imbarazzo Twitchell. Ce n’erano tre, circolari, girati da Clara Kroll ma, purtroppo, non avevano nessuna caratteristica di rilievo che li collegasse all’assegno falso. Il detective li mise da parte ed esaminò gli altri, finché non ne trovò uno che lo soddisfece: un assegno per 250 dollari a favore di Carl Rosewater.
«Chi è questo Carl Rosewater?» chiese.
«Il mio sarto».
«Vorrei che mi prestasse questo assegno».
«Non penserà  che Rosewater…?».
«Non necessariamente, ma sembra che l’assegno usato come modello sia questo. Vede: il Ca in Carl è più ravvicinato rispetto a come scrive in genere queste lettere e lo è anche il Ca della parola Cash in questo assegno falso. Quando lei scrive due zeri li unisce, ma nel falso non sono connessi, perché chi lo ha fatto copiava da questo assegno da 250 dollari, dove di zeri ce n’è uno solo. La sua firma sull’assegno a Rosewater prende più spazio del solito, ed è più obliqua… perché ha scritto in fretta, o in piedi… e la firma falsa fa altrettanto. Inoltre, l’assegno falso è datato due giorni dopo questo assegno. È quello che cerchiamo, ci potrei scommettere!».
Nella sartoria Rosewater solo due uomini avevano avuto in mano l’assegno di Twitchell: il proprietario e il suo contabile. Rosewater era un uomo grasso e ben nutrito. Il contabile, invece, era evidentemente denutrito: Vitt puntò a lui. Il detective interrogò il contabile con aria indifferente, senza accusarlo, ma pronto a cogliere il minimo appiglio: era proprio il tipo di idiota capace di commettere un reato da poco che portava direttamente a lui e, se questo motivo non fosse stato sufficiente, era anche il sospetto più conveniente che avesse a disposizione.
Questo contabile era alto e concavo, e aveva dei capelli secchi che giacevano sul suo cuoio capelluto più che spuntare da esso. Un paio di lenti spesse ingrandiva la confusione nei suoi occhi senza allargare nulla di ciò che i suoi occhi potevano vedere. I suoi abiti terminavano ovunque in sottili bordi sfilacciati, tanto che non si poteva dire esattamente dove ogni indumento finisse: l’abito e l’aria si mescolavano gradualmente in un modo tale che non era facile distinguerlo dallo sfondo. Si chiamava James Close. Ricordava l’assegno di Twitchell, ma disse di non essere a conoscenza della firma falsa e la sua scrittura non assomigliava minimamente alla girata di Henry F. Weber.
Rosewater disse che Close era un uomo onesto e scrupoloso, che lavorava per lui da sei anni e abitava in Ellis Street.
«È sposato?»
«James?». Rosewater era sorpreso. «No!».
Con l’aiuto di un biglietto da visita scelto nella vasta gamma che teneva in tasca, Vitt, fingendo di essere un agente di un istituto bancario che voleva fare al contabile una brillante quanto vaga proposta di lavoro, interrogò la padrona di casa di Close e diversi suoi vicini. Il contabile era indubbiamente un uomo dai costumi esemplari ma, stranamente, era sposato ed era padre di due figli, uno dei quali nato di recente. Abitava lì, al terzo piano di uno squallido edificio, da sette o otto mesi, dopo aver lasciato il precedente indirizzo di Larkin Street, dove il detective si recò. Pur essendo noto anche lì come un uomo totalmente privo di vizi, Close, a Larkin Street, risultava non sposato.
Vitt tornò subito nell’edificio di Ellis Street, con l’intenzione di interrogare la moglie di Close ma, quando suonò il campanello, fu il contabile, tornato a casa per il pranzo, ad aprirgli la porta. Il detective non se l’aspettava, ma accettò la situazione.
«Avrei qualche altra domanda da farle» disse, e seguì Close nel soggiorno-camera da pranzo (ora che il letto a parete era stato ripiegato). Dalla porta di fronte, intravide una donna con delle grosse braccia rosa che apparecchiava la tavola in cucina. Un bambino smise di costruire qualcosa con dei mattoncini in mezzo alla porta e guardò a bocca aperta il visitatore. Da qualche parte, un altro bambino piangeva senza ragione. Close mise i suoi attrezzi da lavoro in cucina, chiuse la porta e i due uomini si sedettero.
«Close» disse il detective sottovoce, «quell’assegno lo ha falsificato lei». 
Il corpo del contabile si irrigidì e così il suo volto. Prima gli si allungò il mento, trasformando la bocca in un grumo imbronciato, poi gli si assottigliò il naso, ai cui lati comparvero delle piccole rughe, parallele alla parte superiore del naso stesso e incurvate verso l’angolo interno degli occhi. I suoi occhi si fecero più piccoli e si velarono dietro agli occhiali. Sotto l’iride, appena rivolto verso l’esterno, apparvero dei sottili archi bianchi. Le sopracciglia si sollevarono leggermente e le rughe sulla fronte divennero meno profonde. Non disse nulla, non fece alcun gesto.
«Ovviamente» continuò il detective, «lei è in un mare di guai, e può fare quello che vuole. Ma se vuole un consiglio da uno che ne ha viste tante, sia ragionevole e confessi tutto. Io non lo so, non posso promettere niente, ma 200 dollari non sono un mucchio di soldi e forse ci si può mettere una toppa». 
Vitt lo disse con quella scioltezza che viene dalla pratica – era una linea d’attacco consolidata – ma in fondo lo pensava sinceramente: a livello emotivo, provava pietà  per l’uomo che aveva davanti.
«Non sono stato io» disse Close con aria malinconica.
Vitt cancellò quella negazione con un breve gesto della sua mano bianca e grassoccia.
«Ora mi ascolti: non ci guadagna niente costringendoci a scavare nella sua vita… e poi non c’è nemmeno molto da scavare. Per esempio, quando e dove si è sposato?».
Il contabile arrossì. Quel rossore, che sicuramente non apparteneva al suo volto, lo faceva sembrare un fumetto a colori.
«E questo che cosa…?».
«Lasci perdere, allora» disse Vitt generosamente. Lo aveva in pugno. La sua intuizione era esatta: Close non era sposato. «Lasci perdere. Sto solo cercando di farle capire che le conviene essere ragionevole e confessare!».
«Non sono stato io».
La ripetizione irritò Vitt. La rigidità  del volto del contabile, ravvivato per un istante dal colore che lo attraversava, lo irritava. Si alzò, vicino al contabile, e gli disse parlando più forte:
«Lei ha falsificato quell’assegno, Close! Lo ha copiato da un assegno di Twitchell!».
«Non sono stato io». 
La porta della cucina si aprì e la donna entrò nella stanza, mentre il bambino che prima giocava con le costruzioni si teneva a una piega della sua gonna. Era una donna dalla carnagione rosea, di una trentina d’anni, attraente, anche se trasandata: sciatta, è la parola che venne in mente al detective.
«Che succede, James?». Aveva la voce roca. «Che succede?».
«Non sono stato io» disse Close. «Dice che ho falsificato un assegno, ma non è vero».
Vitt aveva caldo, e gli sudavano le mani. La donna e il bambino lo mettevano a disagio. Cercò di ignorarli, rivolgendosi di nuovo a Close, molto lentamente.
«Lei ha falsificato quell’assegno, Close, e io le sto dando l’ultima possibilità  per venirne fuori».
«Non sono stato io».
Vitt prese l’irritazione che l’idiozia di questa ripetizione suscitava in lui, la nutrì, si fece venire un piccolo attacco di rabbia, e il disagio che provava sotto lo sguardo della donna e del bambino diminuì.
«Ascolti: sta a lei scegliere» disse. «Può intestardirsi o essere ragionevole. Per me, è lo stesso. Fa parte del mio lavoro. Ma non mi piace vedere un uomo che si fa del male, specialmente quando non è un delinquente per natura. Mi piacerebbe che se la cavasse con poco, ma se crede di sapere quello che sta facendo… faccia pure!».
«Non sono stato io».
Al detective venne il sospetto che tutto questo fosse ridicolo, ma allontanò questo pensiero. Dopo aver ottenuto la sua confessione, ripensandoci, ci avrebbe riso sopra. Intanto, per ottenere quella confessione, ci voleva un atteggiamento completamente diverso. Se fosse riuscito a raggiungere un certo grado di rabbia…
Si girò di scatto verso la donna.
«Quando e dove vi siete sposati?» chiese.
«Non sono affari suoi!».
Così andava meglio. Se c’era scontro poteva fare progressi. Sentì il sangue battergli nelle tempie e la sua eccitazione autoprodotta diminuirgli il campo visivo. Tutto si offuscò tranne il volto roseo e morbido della donna.
«Certo!» disse. «Ma, se vuole sapere come stanno le cose, le dirò che voi non vi siete mai sposati… non tra di voi, se non altro!».
«E allora?». Si mise tra il suo uomo e il detective, con le mani sui larghi fianchi. « E allora?».
Vitt fece una risatina beffarda. Aveva lasciato crescere dentro di sé una quantità  di rabbia davvero notevole, arma e anestetico al tempo stesso.
«In questo Stato», disse scuotendo vigorosamente la testa, «c’è una legge che protegge la morale dei bambini. Potrebbe essere arrestata per favoreggiamento della delinquenza minorile! Ci ha mai pensato?».
«Favoreggiamento… Perché, è pazzesco! Allevo i miei figli onestamente come tutti. Io…».
«Lo so! Ma in California se vivi con un uomo che non è tuo marito, commetti un reato… perché gli dai il cattivo esempio, o qualcosa del genere».
Dietro alla donna, ricomparve il contabile.
«Ora basta!» ordinò. «Mi stia bene a sentire, ora basta! Amy non ha fatto niente!».
Il bambino cominciò a piangere. La donna afferrò Vitt per un braccio.
«Lasci che glielo dica!». Aveva perso il suo tono di sfida. «Mio marito mi lasciò quando scoprì che aspettavo un altro figlio. Uscì una domenica sera sotto la pioggia e non l’ho più rivisto. Nemmeno una volta! Non avevo nessuno che mi aiutasse eccetto James. Mi ha accolto in casa sua ed è stato buono con me come non lo era mai stato nessuno! I bambini stanno molto meglio con lui di quanto non lo siano mai stati con Tom. È più buono con loro. Io…».
Il detective si divincolò. Un detective è un uomo pagato per fare certe cose precise: non è un giudice, un dio. Ogni ladro ha le sue giustificazioni, se lo stai a sentire. Tutta questa confusione rendeva il suo lavoro molto più difficile, senza essere veramente utile a nessuno. 
«Tanto peggio!». Mise nei gesti e nelle parole tutta la durezza che stava cercando dentro di sé. «Se le cose stanno così, se volete contraddirmi su questa storia dell’assegno, farò sì che finisca nel peggiore dei modi per voi due!».
«Sta dicendo» urlò Close, «che se io non ammetto di aver falsificato quell’assegno, lei ci farà  arrestare per questa storia… del favoreggiamento?».
«Dico che se lei sarà  ragionevole, io non le creerò più problemi del necessario. Ma, se vuole fare il duro, io andrò fino in fondo».
«Ed Amy verrà  arrestata?».
«Sì».
«Lei… lei…». Il contabile cercò di afferrare Vitt con le sue mani fatte per afferrare penne e libri mastri. Vitt avrebbe potuto trattenerlo senza troppa difficoltà  perché, anche se grassottello, era abbastanza forte. Ma la passione che aveva cercato di dimostrare con il volto e con la voce alla fine era diventata reale.
Strinse le dita di una mano in un pugno e colpì la pancia scavata del contabile. Il contabile si piegò su se stesso e cadde a terra contorcendosi. La donna si inginocchiò urlando accanto a lui. Il bambino che era entrato nella stanza con la donna e il piccolo che Vitt non aveva visto urlavano entrambi. Il campanello della porta cominciò a suonare. Dalla cucina arrivava un odore di cibo bruciato.
Close si mise a sedere, appoggiandosi alla donna in ginocchio, con gli occhiali che gli pendevano da un orecchio.
«L’ho falsificato io», disse in mezzo a quella confusione. «Dopo la nascita del piccolo, non mi bastavano i soldi per pagare le bollette. Ho detto a Amy che avevo preso i soldi in prestito da Rosewater». Rise amaramente. «Amy non lo conosce, per questo mi ha creduto. Comunque, le bollette sono state pagate».
Vitt si affrettò a portare il suo prigioniero in carcere, lo fece registrare e rinchiudere, e poi si affrettò a raggiungere la zona commerciale. I grandi magazzini chiudevano alle cinque e mezzo e sua moglie gli aveva chiesto di portarle tre rocchetti di filo nero n° 60.
Traduzione di Luis Moriones Brugo


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