“La Costituzione tra i libri dei 150 anni” l’appello dei lettori al Salone di Torino

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«Mettete la Costituzione tra i libri che hanno fatto l’Italia». È l’appello che parte dai lettori in visita al Salone di Torino. Infatti, la Carta, sicuramente uno dei volumi che hanno segnato la storia degli italiani, non è stata inserita nella discussa mostra dei testi che in 150 anni hanno scandito l’unificazione e la crescita del Paese. I frequentatori del Lingotto hanno compilato oltre 10 mila schede con le loro indicazioni sui 150 titoli per l’Unità , su invito delle librerie Giunti e Melbookstore e della Torre di Abele di Torino, in collaborazione con alcune scuole e l’Associazione Italiana Biblioteche. Tra i libri scelti per la contro-classifica, rispetto all’esposizione della fiera, c’è dunque la Costituzione, al ventiquattresimo posto, preceduta da Il Principe di Niccolò Machiavelli, ventunesimo.

La mostra 1861-2011. L’Italia dei Libri, curata da Gian Arturo Ferrari, si è dunque dimenticata la nostra Costituzione, e continua a suscitare critiche, dando l’idea di non avere riscosso finora troppo successo tra il pubblico visto che nel pomeriggio di ieri era quasi deserta. Tra i visitatori è capitato, prima interessato e poi assai perplesso, Salvatore Adduce, sindaco di Matera, città  che si candida a essere capitale europea della cultura. Fermatosi alla postazione che rammenta Ernesto De Martino, che studiò proprio il mondo contadino lucano, ha subito notato che la fotografia presente non ritrae il grande antropologo ed etnologo, ma Francesco De Martino, uno dei leader storici del Partito Socialista. 
Non è l’unico errore. Gli studenti guidati dal professor Roberto Cicala, dell’Università  Cattolica di Milano, ne hanno appuntati più di venti. Tra questi ce n’è uno che ha fatto arrabbiare Sebastiano Vassalli, tanto da far sapere a Cicala di non volere più visitare la mostra. Che cosa è successo? Che il borgo immaginario di «Zardino», nel suo romanzo La chimera, è stato trasformato al Salone del Libro in «Zandrino». C’è quindi un bel refuso su Moravia, divenuto «Aberto» Pincherle invece che Alberto. E colpisce l’accento sbagliato di Clemente Rébora, riportato con la “è” grave anziché acuta.
Refusi, scelte opinabili nella lista dei libri e degli editori, che macchiano un po’ un’esposizione che, dopo la fine della fiera di Torino, sarà  ospitata da alcune biblioteche nazionali e dovrebbe divenire addirittura l’ossatura del progettato Museo Nazionale del Libro. Anche l’avere messo Il nome della rosa di Umberto Eco tra i 15 superlibri non è piaciuto a qualcuno. Nel caso si tratta dello stesso autore, cioè di Eco, che ha detto al pubblico nel corso della sua lectio magistralis: «Odio Il nome della rosa e spero che lo odiate anche voi. Ho scritto cinque romanzi, secondo me più belli, ma Il nome della rosa rimarrà  sempre quello di successo anche quando i miei nuovi lavori superano le vendite del primo». Il trionfalismo degli organizzatori di Librolandia, in definitiva, inciampa un tantino in quello che doveva essere il fiore all’occhiello della kermesse del 2011. Si possono consolare con l’inizio di un dialogo con il Festival della Letteratura di Mantova. Potrebbe prelude a un rapporto di collaborazione.


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