“La borghesia ha scelto di stare con Pisapia da Milano una fase nuova”
MILANO – «Negli anni passati abbiamo visto una sinistra unitaria che diventava tante sinistre. La novità di oggi è che la stessa cosa sta succedendo a destra, si sta sfaldando in tante destre. E il laboratorio è la Milano di queste settimane», la Milano della animosa campagna elettorale che a Luca Ronconi non deve piacere granché. Il più autorevole artista teatrale italiano, il regista famoso in tutto il mondo, non ama la politica, ne parla poco e con toni da moderato, ma è un testimone attento di Milano: qui ha lavorato fin dagli anni ‘70 alla Scala e negli ultimi dodici anni al Piccolo, dove ora è direttore della Scuola di Teatro e consulente artistico del direttore Sergio Escobar.
Cos’è questa cosa storia dello sfaldamento della destra?
«Lo vediamo ormai tutti i giorni: Milano mostra di essere l’avanguardia di una destra che non è più unitaria, che non si riconosce più nel suo cardine. Formigoni non è la stessa di Berlusconi. E quella di Lupi è la stessa di Bossi? Anche la Moratti: se vincesse, si troverebbe compromessa da una sfiducia che i suoi stessi sostenitori le hanno buttato addosso. Mi pare che Milano sia l’esperimento di non-coesione della destra. Ecco il punto di novità ».
È per questo che le elezioni milanesi hanno assunto importanza anche per lo scenario futuro del paese?
«Credo proprio di sì. C’entra però anche il fatto che molte nuove fasi del paese, nel bene o nel male, sono state partorite a Milano: dal fascismo in poi, ma direi anche prima. Ed è anche comprensibile che sia così, perché Milano è la città dove tradizionalmente la borghesia è stata una delle più solide e produttive del paese. La ricchezza e l’economia sono un traino per le trasformazioni».
Una buona parte di quella borghesia ora si è schierata per Pisapia. Che ne pensa?
«Lo vedo positivamente perchè fa parte della responsabilità accorgersi in che momento le derive nelle quali si è creduto cominciano a essere pericolose».
Considera una deriva pericolosa anche questa campagna elettorale così muscolare se non volgare, a cominciare dal leader? Da Berlusconi?
«Sono parecchi anni che, cambiando di volta in volta l’obiettivo, questo tipo di aggressività , questo presentare l’avversario come una minaccia, fa parte della scena politica, ma non credo che paghi. Anche quei messaggi tv… la gente li prende ormai per quello che sono, un spettacolo che non condiziona più nel profondo come ha fatto negli ultimi vent’anni».
Milano è piena di manifesti del Pdl che dicono che Milano con Pisapia diventerà “zingaropoli”: vero o falso?
«Francamente, è vero che si tratta di elezioni amministrative, ma come è restrittivo parlare di Milano così! E non dei problemi che poi sono quelli connessi al paese: l’occupazione, i giovani, i servizi, i risparmi… necessità che sono le stesse sia per chi è di destra e che di sinistra».
Lei che ne pensa della questione moschea?
«Ma se ce ne sono già otto a Milano, dov’è il problema? E di grandi moschee ce ne sono in tutte le capitali europee. La società è un organismo mobile che crea attriti ma anche convergenze, complementarietà , non si può irrigidirla sui propri fastidi personali».
Ma questi “fastidi” secondo lei sono un sentimento collettivo?
«Ma no. Io vedo a Milano sintomi di risveglio di una coscienza civile. Da qui, in fondo, sono partiti movimenti come Giustizia e libertà , prima ancora i girotondi…. esattamente come da qui sono partiti anche movimenti di tendenza opposta. Sento in giro – e lo dico da uno che sente il polso della gente a teatro- la necessità di maggiore impegno, serietà , forse grazie anche al fatto che c’è maggiore circolazione di pensiero, ci sono le reti… ».
E allora lei che farebbe al ballottaggio?
«I tempi che vengono sono tempi difficili. Non sono un elettore milanese, ma credo che sia giusto votare chi rimuove elementi di contrapposizione estremistica e non dare orecchi solo a chi alza di più la voce».
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