“Insegnanti di sostegno? In mano ai privati”
«I dirigenti degli istituti scolastici e delle scuole di ogni ordine e grado sono autorizzati – si legge nell’unico articolo che compone il disegno di legge – a definire progetti, con la collaborazione di privati, per il sostegno di alunni con disabilità ». I motivi della proposta dei due parlamentari sono illustrati nella relazione che accompagna il testo. «L’inclusione degli alunni con disabilità – spiegano i due senatori – deve ormai collocarsi nella nuova logica dell’autonomia scolastica. In tale ottica, per superare le carenze e le disfunzioni dovute al difficile coordinamento dei diversi servizi di enti locali e Asl, che debbono sostenere gli interventi scolastici, va facendosi strada l’idea che siano le istituzioni scolastiche autonome a dover coordinare l’insieme dei diversi servizi».
Una proposta che il Pd non esita a bollare come “assurda”. «Mentre il governo taglia indiscriminatamente gli insegnanti di sostegno – si chiede Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria del Partito democratico – si vuole forse appaltare all’esterno il sostegno ai ragazzi con disabilità ?». «E dove dovrebbero mai trovare le risorse le scuole, che non hanno più un euro in cassa, per tali collaborazioni? Il sostegno sarà a carico dei familiari o di improbabili sponsor? Nella scuola italiana, uno dei pochi paesi europei che dal 1977 integra anche i disabili nelle classi, gli insegnanti di sostegno vengono reclutati dallo stato, mentre tutti gli altri servizi (assistenza igienico-sanitaria, trasporto disabili, orientamento, assistenza alla comunicazione) sono di pertinenza degli enti locali. Ma spesso, questi ultimi non hanno le risorse per garantire adeguati servizi alle scuole e anche sugli insegnanti di sostegno lo stato cerca di risparmiare. La lamentela dei genitori è sempre la stessa: “poche ore di sostegno in classe” e pochi servizi a scuola. Così, se la scuola si dovesse trovare in difficoltà , secondo i due senatori, potrebbe rivolgendosi ai privati. Un discorso che varrebbe anche per gli assistenti igienico-sanitari, il trasporto scolastico e gli interpreti della lingua dei segni, di cui dovrebbero farsi carico comuni e province. E per quelle figure necessarie all’inclusione degli alunni affetti da disturbi specifici di apprendimento: dislalia, disgrafia e discalculia.
La proposta di legge ammette che le istituzioni non riescono a coprire tutte le esigenze degli alunni portatori di handicap. «Nel rispetto del principio di sussidiarietà e, senza pregiudicare l’obbligo delle istituzioni scolastiche di provvedere d’ufficio per i casi alla loro attenzione», Bevilacqua e Gentile propongono «una disposizione volta a favorire l’inserimento ottimale degli alunni diversamente abili, per migliorare la qualità dell’integrazione degli stessi e di tutti gli allievi con bisogni educativi speciali, favorendo una più “concreta” diffusione della cultura dell’integrazione, tra le componenti che si occupano dei soggetti in formazione». Resta da capire chi pagherà , visto che l’applicazione della norma «non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». E se le scuole, come è già avvenuto per il tempo pieno in una scuola elementare di Milano, presentassero il conto ai genitori?
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