“Il mondo ricco indifferente alla povertà ” Turchia paladina dei paesi meno sviluppati

by Sergio Segio | 12 Maggio 2011 12:48

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ISTANBUL  – Ci ucciderà  l’indifferenza. La Turchia si fa paladina del grido delle nazioni più arretrate, e punta il dito contro gli Stati ricchi. “Sono indifferenti al problema della povertà “, dice dal palco della conferenza sui Paesi meno sviluppati che si sta tenendo in questi giorni a Istanbul il premier turco Recep Tayyip Erdogan. “Spendono troppo poco negli aiuti rispetto alle spese militari globali”, gli fa eco il capo dello Stato, Abdullah Gul.

Cinquanta capi di Stato e primi ministri presenti, dieci vice presidenti, 94 ministri, e 47 presidenti di organismi internazionali sono convenuti nella metropoli sul Bosforo con la seria intenzione di cercare di ridurre il gap fra Paesi ricchi e Stati più arretrati. Ma la rinuncia all’ultimo momento di molti leader occidentali  –  evidenti le assenze soprattutto dei maggiori Paesi europei, come Francia e Germania  –  ha fatto scattare la rabbia degli altri. E i turchi ospitanti se ne sono fatti interpreti. E’ la prima volta che il vertice si tiene in un Paese appartenente al G20. E la Turchia, nazione ambiziosa e dai poliedrici progetti di politica estera che ormai oltrepassano la semplice sfera europea, si è fatta carico del problema.

Colmi in platea i posti dei delegati provenienti da Africa, Asia e America Latina. Quasi deserte le poltrone riservate agli invitati occidentali ed europei, eccezione fatta per la Finlandia, che ha preso molto sul serio l’impegno del meeting internazionale con la presenza della presidente della Repubblica, Tarja Halonen. E allora ecco che il suo collega turco Abdullah Gul, nel consueto approccio soffice ma efficace, mentre è a fianco del segretario generale delle Nazioni Unite, il coreano Ban Ki Moon, dice che il mondo mobilita verso i Paesi meno abbienti poca assistenza finanziaria. “Dovremmo rivedere le spese per le armi e la difesa”, propone. “La povertà  è diventata un problema strutturale  –  aggiunge  –  ed è una minaccia seria per il mondo. Dovremmo portare lo sviluppo in questi Paesi, altrimenti il globo si troverà  di fronte a problemi politici ed economici molto seri nella prossima decade. La povertà  ha ripercussioni di lungo termine, mentre le questioni politiche possono essere risolte più rapidamente. Il mondo deve vedere e capire questa grande minaccia che incombe”.

E il più ruvido premier Erdogan, anch’egli nello stile che gli è proprio, non ha lesinato le accuse. “Questo summit, che si tiene ogni dieci anni, vuole dare una visione futura su questioni come povertà  e carestia. Ma osserviamo con molta tristezza che i Paesi sviluppati e benestanti non pongono sufficiente attenzione a questa conferenza così significativa. eppure i problemi dell’ambiente, il cambiamento climatico, la povertà , il terrorismo e le questioni legate all’immigrazione non minacciano solo determinati Paesi o regioni, ma tutto il globo”.

La Turchia non si è persa d’animo ed è comunque passata al contrattacco. Ha proposto un piano, lo ha chiamato “Istanbul action plan”, cioè un progetto di intervento pratico, fatto di aiuti finanziari concreti e di riunioni periodiche di intellettuali per cercare di affrontare, su tutti i livelli, e risolvere l’endemica sofferenza di molti Paesi in Africa e Asia.

Quattro i punti in cui l’Istanbul action plan si sviluppa:

1. riduzione del gap crescente fra Paesi sviluppati e non, affrontando la questione sia da un punto di vista politico sia morale;

2. creazione di un consenso sul progetto: non può avere successo senza l’impegno sia dei Paesi meno sviluppati sia degli altri;

3. azione focalizzata su più livelli, non solo su quello degli aiuti ma sul sostegno dei Paesi poveri ad agire essi stessi. E in questo contesto è determinante il trasferimento di tecnologie e lo sviluppo di infrastrutture;

4. introduzione di un meccanismo di controllo e di sviluppo che sia di volta in volta aggiornato e migliorato.

Commenta sul quotidiano Zaman uno dei più attenti osservatori turchi, Yavuz Baydar: “Dopo le prime tre grandi conferenze il numero dei Paesi poveri è di fatto aumentato. La fame e la povertà  sono diventati problemi strutturali, e il senso di ingiustizia, con la disperazione che cresce intorno a esso, continuerà  ad avere un duro impatto. Oggi il mondo si divide in due categorie. I Paesi con una coscienza e quelli senza, con i loro governi e le tradizioni politiche internazionali che riflettono la psicologia di massa delle loro società . La Turchia si pone all’avanguardia fra coloro che cercano una via d’uscita. E’ molto interessante notare che questo Paese, che solo una decina di anni fa era rimasto trascinato dai conflitti globali e da grandi questioni umanitarie, emerga ora come candidato a guidare la forze che intendono combattere per la loro dignita”.

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