“I 38 minuti più intensi della mia vita ma non vi darò dettagli sull’attacco”

by Editore | 6 Maggio 2011 8:13

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ROMA – Hillary Clinton è la vera protagonista della giornata-Libia a Roma. L’America che ha appena eliminato Bin Laden non ha chiuso la guerra al terrorismo, ma dimostra di voler combattere e di saper vincere ancora le sue battaglie. «E lo faremo ancora, ogni volta che sarà  necessario», dice il Segretario di Stato. Alle 11 del mattino, ferma per qualche minuto nei corridoi della Farnesina dopo una lunga camminata al fianco di Ahmet Davutoglu, il ministro degli Esteri turco, scambia qualche battuta con due giornalisti. Anche in conferenza stampa, di fronte a decine di inviati, il messaggio su Bin Laden è stato forte, quasi prevalente sul tema del giorno che è la Libia. «Rispetto al futuro dell’Afghanistan, la morte di Osama Bin Laden manda un messaggio chiarissimo: la lotta al terrorismo contro Al Qaeda e i suoi affiliati continua, non finisce con la scomparsa di un personaggio. Noi continueremo e raddoppieremo i nostri sforzi. La comunità  internazionale deve rinnovare il suo sforzo non solo in Afghanistan e Pakistan, ma in tutto il mondo. Non deve esserci nessun dubbio che chi segue un’agenda di terrorismo, i criminali che uccidono indiscriminatamente i civili, saranno tutti portati davanti alla giustizia».
Segretario di Stato – chiede l’inviata della Cnn – probabilmente i servizi segreti pachistani sapevano che Bin Laden da anni era in quella casa. Vi fidate ancora del Pakistan?
«Il Pakistan è un partner importante nella lotta al terrorismo, certo il rapporto con loro non è sempre facile, ma noi continueremo a sostenere il popolo pachistano. Abbiamo collaborato con il Pakistan nella lotta al terrorismo, e Osama Bin Laden non è l’unico leader di alto livello rimosso dalla scena grazie alla collaborazione tra Usa e Pakistan».
La vera foto-simbolo della cattura di Bin Laden, è quella in cui voi siete con il presidente nella situation room della Casa Bianca. Lei ha la mano sulla bocca, ha uno sguardo forse di paura, di apprensione: cosa stava pensando, cosa stava vedendo in quel momento?
«Guardate, non ho la più pallida idea di cosa stessi pensando in quel millesimo di secondo: certo sono stati i 38 minuti più intensi della mia vita. La mano davanti alla bocca? Qualcuno ha detto che poteva essere un colpo di tosse dovuto alla mia allergia primaverile. Quell’uomo era un nemico giurato degli Usa, un pericolo per tutta l’umanità . I crimini che ha compiuto in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da Bali a Madrid, sono stati commessi contro civili, e in maggioranza le vittime erano cittadini musulmani. Grazie a Dio, la sua ideologia di odio e violenza è stata rifiutata nel mondo arabo e in Nord Africa dalla gente che ha protestato pacificamente per una vita migliore. Era un obiettivo legittimo per gli Stati Uniti da 10 anni. L’operazione è stata condotta in maniera professionale per mettere fine alla sua leadership del terrore. Io non farò nessun commento su nessun aspetto operativo: ho il massimo rispetto per chi ha pianificato e portato a termine questa operazione».
Dopo la fine di Bin Laden non sarà  possibile accelerare il ritiro dall’Afghanistan?
«Voglio ripetere quello che ha detto anche il ministro Frattini: noi vogliamo avviare con forza il processo di transizione in Afghanistan, che dovrebbe iniziare in luglio. Ma il momento di inizio e il ritmo, la velocità  di questo passaggio non sono stati ancora determinati. L’eliminazione di Bin Laden è stato un colpo strategico per Al Qaeda e per i Taliban loro alleati. Gli Stati Uniti e i loro alleati continueranno a dare la caccia e se necessario ad eliminare o catturare chi continua a guidare movimenti ed azioni di terrorismo. Ma il nostro impegno strategico è quello di far si che sia l’Afghanistan a raggiungere la capacità  di difendersi da solo. Il nostro impegno è per la riconciliazione in Afghanistan, vogliamo favorire un dialogo politico che permetta un ritiro sicuro delle truppe della Nato».
Segretario, il Consiglio di transizione libico chiede più aiuti e soprattutto armi.
«Rispetto alle richieste del Cnt abbiamo avuto e avremo contatti con loro per capire meglio cosa fare. Vogliamo trovare il modo migliore per assistere finanziariamente l’opposizione libica. Il Gruppo di contatto e le nazioni individualmente stanno già  facendo un notevole lavoro, noi offriremo assistenza fornendo mezzi “non letali” (come radio militari, giubbotti anti-proiettile, ndr). Nel frattempo il nostro impegno deve essere quello di accrescere l’isolamento diplomatico e politico del regime di Gheddafi. Bisogna chiudere le ambasciate a lui collegate, espellere i diplomatici che lo sostengono, rifiutare qualsiasi visita di emissari da Tripoli. E’ giunto il momento che la violenza finisca, che Gheddafi se ne vada e che inizi la transizione democratica».
Avete preso in considerazione l’ipotesi di uccidere Gheddafi, fare un’operazione come quella contro Bin Laden?
«Noi applichiamo la risoluzione Onu che ci chiede di proteggere i civili in Libia; il modo migliore per proteggere i libici è fermare gli attacchi, far si che Gheddafi si ritiri dalle città  occupate e lasci il potere».
Un ultima domanda è stata fatta sul processo di pace fra Israele e Palestina: qual è la vostra valutazione sull’accordo fra Hamas e Fatah?
«Siamo ancora molto cauti nel valutarlo, aspettiamo i dettagli: ma una cosa è chiara, noi non sosterremo nessuno governo che non rispetti i principi del Quartetto (riconoscere Israele, rispettare gli accordi già  sottoscritti, rinunciare al terrorismo, ndr).

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