“A Milano c’è aria nuova da qui può cominciare il nuovo riscatto italiano”
MILANO – Si affaccia alla finestra del suo studio, proprio sopra una piazza Affari invasa dalle auto, che assediano il Dito medio di Cattelan rivolto verso Palazzo Mezzanotte, la sede della Borsa italiana. «Vede, questa è Milano. Un palazzo meraviglioso – i blocchi di travertino bianchi, le sculture di Leone Lodi – nella cornice di una piazza quasi dechirichiana: tutto ciò, abbrutito dalla prepotente invadenza delle auto. E quella scultura di Cattelan, il cui unico valore è la provocazione del luogo in cui è collocata… Che senso ha dire – come dice questa amministrazione cittadina – la lasciamo in piazza Affari fino a settembre, poi la trasferiamo in un museo? Cosa ci sta a fare, in un museo, un’opera pensata per questa piazza, e solo per questa?». Guido Rossi, giurista, ex presidente della Consob, di Telecom Italia, padre della legislazione antitrust, distilla in una parola la sua opinione sullo stato di salute di Milano, la sua città , al termine del ventennio di governo berlusconian-leghista: «Degrado». Degrado della città , delle infrastrutture, della qualità della vita. E della politica, la cattiva politica che nell’ultimo mese di campagna elettorale ha spazzato via dal tavolo i buoni propositi e i buoni progetti, per imporre il solito copione maleodorante: Berlusconi sì, Berlusconi no, le urla, gli insulti, il fango lanciato da Letizia Moratti sul suo avversario. Eppure Guido Rossi non è pessimista. Anzi, coltiva la speranza ragionevole del «risveglio», e la affida alle urne.
Dove nasce questa speranza, professor Rossi?
«Ho ritrovato in biblioteca uno scritto dell’ottavo secolo, De Mediolano Civitate. Sa quali erano le caratteristiche della città individuate dall’autore, cinque secoli prima di Bonvesin della Riva? Laboriosità , ricchezza, generosità . Sulla ricchezza nessun dubbio, Giorgio Bocca proprio su “la Repubblica” di ieri diceva che il male di Milano è che tutto ruota intorno al denaro. Ma io credo che anche laboriosità e generosità siano ancora oggi nel patrimonio genetico di questa città ».
Qual è, allora il problema?
«Il problema è il degrado della città e della qualità della vita. Le Corbusier direbbe che Milano sta morendo di traffico: lo scorso anno Milano ha sfondato 86 volte – tre mesi! – i limiti massimi delle polveri sottili, nel 2011 è ancora una delle città più inquinate d’Italia… E costruire un parcheggio sotterraneo sotto la basilica di Sant’Ambrogio è la rappresentazione plastica dell’idea sulla quale è stata amministrata la città in questi anni. Il gesto di governo politicamente più significativo degli ultimi anni, il Piano del territorio, è costruito sulle necessità degli interessi immobiliari, non su quelle dei cittadini. Ciò che ha condizionato e plasmato il lavoro dell’amministrazione è stata l’offerta dei costruttori, non la domanda dei milanesi».
Eppure, proprio su questi temi – il traffico, lo smog, l’urbanistica – i cittadini si sono fatti sentire durante questi anni di governo Moratti.
«Certo, i cittadini hanno capito che possono partecipare direttamente alla discussione dei problemi propri e della città in cui vivono. In un periodo di forte degrado di questa politica virtuale, denigratoria, acclamatoria, ammantata di opacità e falsità , si sono create a Milano quelle che Tocqueville chiamava le “società intermedie”: associazioni, comitati, gruppi di quartiere. Milano, attraverso questi soggetti nuovi e vitali, torna alla sua straordinaria tradizione illuministica – Beccaria, Verri, Carlo Cattaneo – che concepisce la politica come soluzione dei problemi, non come salvaguardia degli interessi».
È quello che predica, da anni, il cardinal Tettamanzi. Inascoltato.
«Tettamanzi, ma non solo. Dal cardinal Schuster a Carlo Maria Martini, questa città ha avuto vescovi che, declinando illuministicamente i principi di giustizia e solidarietà , hanno collocato la Chiesa milanese all’avanguardia rispetto agli altri centri del cattolicesimo italiano».
Eppure, nonostante queste forze illuminate e nonostante i buoni propositi enunciati dai candidati, anche questa campagna elettorale è stata stravolta in un referendum pro o contro Berlusconi e il suo governo ed è stata travolta dal fango e dalle calunnie. Pronunciate proprio dal sindaco, autorevole rappresentante di quella borghesia che in altri tempi avremmo definito illuminata.
«L’ambizione sfrenata è uno dei limiti peggiori che spingono alla deriva dell’acriticità e della cattiva politica. Ma i milanesi, nei momenti cruciali e più difficili, hanno sempre saputo reagire. E anche la borghesia milanese, che non è tutta uguale, ha prodotto durante le primarie del centrosinistra tre figure fresche di professionisti eccellenti al servizio dei cittadini: Giuliano Pisapia, che oggi è un ottimo candidato sindaco, ma anche Stefano Boeri e Valerio Onida. Io credo che Milano, grazie a quelle doti plurisecolari di cui abbiamo parlato, grazie alla vitalità delle “società intermedie”, all’illuminismo dei suoi vescovi e di molti dei suoi cittadini, abbia oggi una straordinaria occasione per risvegliarsi, per scuotersi di dosso il degrado della città e della politica e per aprire una fase di profondo rinnovamento».
Ma queste energie nuove non rischiano di essere soffocate nel frastuono della propaganda e dalla sproporzione delle risorse economiche impiegate per renderla ancora più assordante?
«Il rischio c’è, ed è alto. Ma io spero nel risveglio, solo da Milano può arrivare quel segnale che guidi il Paese fuori dalla palude dell’individualismo e degli interessi. Ci siamo abituati ad assistere a un rapporto tra economia e politica in cui la prima determina la seconda. Ma il rapporto va rovesciato, i diritti dei cittadini vengono prima di quelli dell’economia. E poi la cultura: Milano è la città del futurismo, ha le migliori università italiane, la Scala, la Triennale, eccellenze apprezzate e riconosciute. Ecco, la politica deve smetterla di essere l’antitesi della cultura».
Lunedì pomeriggio, si aprono le urne. Quale risultato auspica?
«Solo un’amministrazione diversa da quelle che hanno governato Milano negli ultimi due decenni può mettere in moto i cambiamenti che sono urgenti e necessari».
Quest’aria di cambiamento che si avverte a Milano può arrivare fino a Roma?
«Io credo di sì, e molto dipende dalla Lega, che è il vero collante che tiene insieme il governo. Pareva aver introdotto nella politica nazionale un populismo rozzo, volgare, oggi è la componente della maggioranza che si preoccupa della dignità della politica e del rispetto delle istituzioni. In questa democrazia selvaggia in cui il berlusconismo ha precipitato il Paese, i leghisti sono diventati i moderati».
Avvisaglie di fine impero?
«Se Milano si scuote, Berlusconi potrebbe avvicinarsi al capolinea. Ma le rispondo lunedì sera, vediamo i risultati del voto».
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