Protetti dalla guerra

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Che si aggiungono ai civili colpiti nei target su Tripoli, a partire dai 42 del quartiere di Buslim, altri ragazzini ammazzati o feriti qui e là , ai tanti «fuoco amico» che hanno provocato la morte di decine di insorti, senza dimenticare l’infamia delle centinaia e centinaia di rifugiati in fuga sulle carrette del mare abbandonati «protettivamente» dalle navi alleate alla loro sorte, vale a dire alla morte. Sono 1.200 secondo l’Unhcr le vittime dei naufragi dall’inzio della guerra in Libia.

Non c’è che dire, l’Alleanza atlantica si conferma come una delle armi più micidiali e indiscriminate che però, al modo di Kafka, non smette di ricordare che ci troviamo di fronte a raid «mirati» e «non con bombe» ma con «missili precisi». È la menzogna che raccontano da due mesi i governi francese, britannico, americano e «i nostri», il dannunziano Ignazio La Russa e il gommoso Franco Frattini. Passati entrambi in poche settimane dal «non dobbiamo bombardare», al «sì, bombardiamo», al «no al cessate il fuoco» di ieri. Con l’aggiunta dell’ipotesi, vecchia di molti giorni, del possibile «ferimento di Gheddafi».
Due mesi. Tanto è il tempo della guerra della Nato di bombardamenti aerei che si è andata ad aggiungere alla guerra civile che già  era in corso. Che ha forzato la stessa risoluzione dell’Onu, chiudendo ogni possibile pressione e iniziativa diplomatica reale. E scatenata nell’illusione che durasse poco e che il regime del raìs, ormai al capolinea, si eclissasse subito nel deserto circostante. Non è andata così.
A due mesi del conflitto, che ha trascinato anche il riluttante Obama, l’Italia, dopo essere stata la principale alleata di Gheddafi, è corsa al seguito dell’avventura di Parigi e Londra riattivando la storia che non passa mai, a cento anni dall’occupazione coloniale del 1911. Una scelta bipartisan, anche questa. Come se le guerre precedenti, nei Balcani, in Afghanistan non avessero insegnato niente, come se gli orrori iracheni non fossero mai esistiti.
E adesso, nel perfetto paradigma occidentale della guerra umanitaria, proprio nel momento in cui gli eventi la rendono sempre più impopolare, arriva la giustizia «a tutto Moreno Ocampo», con il discusso procuratore del Tribunale internazionale pronto alle accuse di «crimini di guerra» per leader libici. Quale giustizia internazionale giudicherà  i crimini della Nato?
Su tutto regna il silenzio. L’appello al cessate il fuoco del segretario dell’Onu Ban Ki-moon è caduto nel vuoto. E la guerra libica è come scomparsa. Per riapparire solo nelle parole strumentali della xenofobia leghista che ha instillato il terrore per rifugiati e migranti. E subito dopo per annegare nell’agenda di quella sinistra che si propone come alternativa di governo ma nasconde la pace e cancella la Costituzione.


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I miraggi sono frequenti, specie nel deserto libico. Ne è affetto Farid Adly che, convinto della «genuinità  della rivoluzione», continua a vedere un Cnt che «ha sì chiesto, accortamente, l’aiuto delle forze internazionali, ma si è anche opposto a qualsiasi intervento di terra» (Progetto Lavoro, ottobre).

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