Portogallo. Sarà un massacro: entro il 2013 servono tagli pari al 10% del pil
Parole, parole, parole, cantava Mina. Il giorno dell’annuncio da Bruxelles dei termini dell’accordo fra il Portogallo del premier socialista José Socrates (dimissionario) e della troika dei «salvatori» – Ue, Fmi, Bce -, e della sua approvazione a Lisbona (ieri mattina) da parte del governo si sprecano le parole, le dichiarazioni, gli incoraggiamenti, le felicitazioni, gli ammonimenti. E le condoglianze, che sarebbero l’espressione più appropriata del caso. Le condoglianze per il popolo portoghese che si ritroverà a dover pagare i costi di una «crisi globale» e del «piano di salvataggio». «Forte sostegno» al programma di lagrime e sangue negoziato e accettato dal governo e dall’opposizione di centro-destra e di destra (il Psd, i «socialdemocratici» di Pedro Passos Coelho, e il Cds, il Centro democratico-sociale di Paulo Portas che potrebbe essere il prossimo governo dopo le elezioni anticipate del 5 giugno) espresso dal direttore dell’Fmi, Dominique Strauss-Kahn, e dal commissario Ue per gli affari economici, Olli Rehn.
Accompagnato da altri bla-bla-bla di circostanza: «momento cruciale», «sfide significative», «programma ambizioso che richiederà sacrifici al popolo portoghese» che però «ha più volte dimostrato nella sua storia di poter affrontare sfide del genere», protezione dei «gruppi sociali più vulnerabili»… Di «programma molto severo ma realistico» ha parlato Poul Thomsen, capo della delegazione Fmi, di programma «duro ma giusto e necessario» il suo omologo della Commissione europea Jà¼rgen Krà¶ger. La Bce, dice il suo presidente Jean-Claude Trichet, «è fiduciosa». Il cancelliere tedesco Angela Merkel invece è diffidente e mette in guardia perché, dopo i dati falsi propinati sui conti greci, «faremo attenzione che i dati portoghese siano realistici». E un deputato liberale tedesco, Frank Schà¤ffler, lo stesso che aveva proposto al governo di Atene di vendere un po’ di isole greche per far fronte alla restituzione dei 100 miliardi del soccorso Ue-Fmi, torna ora alla carica proponendo che il governo di Lisbona venda i «suoi gioielli di famiglia, a cominciare dalle sue riserve d’oro» (valutate in 17.5 miliardi di dollari) «prima di mettere a rischio i soldi degli altri».
I portoghesi dovrebbero anche ringraziare, perché per i 78 miliardi garantiti nei prossimi tre anni (52 miliardi dalla Ue, 26 dall’Fmi, due terzi, un terzo) secondo alcuni avrebbero spuntato condizioni «più favorevoli e vantaggiose» rispetto a Grecia e Irlanda. Mentre è «prematuro» sapere quali siano il tasso d’interesse e le scadenze imposte dalla Ue (si deciderà al vertice dei ministri delle finanze del 16 maggio), l’Fmi ha chiarito che per quanto lo riguarda il tasso sarà del 3.25% per i primi tre anni e del 4.25% per i successivi (per greci e irlandesi sono del 4.2% e del 5.8% su 7 anni). Ma Ue e Fmi hanno smentito: nessun trattamento più «morbido», nessuno sconto. Dovranno pagare caro e sputare sangue. Recessione del 2% quest’anno e il prossimo (anziché dello 0.9% nell’11 e il +0.3% nel ’12). Per riportare il deficit entro il 3% nel 2013 serviranno tagli di più del 10% del pil. Un massacro.
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