Perché il vero amore ha bisogno di fedeltà 

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È una promessa tacita e fragile mai al riparo dalla delusione fondata sulla prossimità  amorosa che permette a due individui di trovarsi continuamente

Anticipiamo un brano da “La fedeltà  o il vero amore” della Marzano (Il nuovo melangolo, pagg. 160, euro 13)

L’amore è la preferenza esclusiva accordata a un uomo o a una donna rispetto a tutti gli altri, dice una signora su un treno, all’inizio del romanzo di Lev Tolstoj, La sonata a Kreutzer. «Preferenza per quanto tempo? Per un mese? Per due giorni, per mezz’ora?», ironizza Vasja Pozdnysev che ha appena ucciso la moglie. «A lungo, a volte per tutta la vita», risponde allora la donna. Vasja però ha smesso di ascoltarla. La donna parla di qualcosa che, per lui, esiste solo nei romanzi, perché, nel mondo reale, una predilezione del genere dura solo poche ore: «Amare per tutta la vita una donna o un uomo è lo stesso che dire che una stessa candela possa ardere tutta una vita».
Tolstoj è ossessionato dal progressivo disincanto che segna la vita coniugale. A una prima occhiata, La sonata a Kreutzer non non è altro che la confessione di un uomo geloso che uccide la moglie, sospettata, a torto o a ragione, di tradirlo. Il problema, però, per lo scrittore russo, è costituito dall’inferno coniugale al quale nessun uomo riesce a sfuggire: l’illusione romantica porta a credere che esista davvero qualcosa che è possibile condividere con l’altro. Quello che viene chiamato “amore”, per Tolstoj, è una forma di entusiasmo irragionevole, un nome utilizzato per nascondere quello che spinge davvero gli uni verso gli altri: il desiderio carnale. Appena si esaurisce, in effetti, niente tiene più legati gli sposi, eccetto l’obbligo.
Fidarsi dell’altro e accettare la differenza, aprirsi e lasciare che le cose accadano, scendere a patti con le ferite del tempo e meravigliarsi ancora e sempre della stessa presenza e degli stessi gesti, esprimere all’altro la propria disponibilità  e accoglienza senza obbligarlo a occupare un posto già  costruito: tutto questo manca nella coppia formata da Vasja e la moglie. Tolstoj mette in scena un incontro impossibile che si disgrega e va in frantumi, fughe che impediscono ai personaggi di ritrovarsi. Vasja e la moglie non si capiscono. Il tempo peggiora ancora di più la situazione: con il passare degli anni ognuno si trova solo con le proprie recriminazioni. La relazione si cristallizza in uno spazio-tempo carcerario dal quale non riescono a evadere se non con la morte violenta di uno dei due.
La fedeltà  è in un certo senso una tacita promessa che si apre all’avvenire ma non pretende di determinarlo, appare in modo discreto, talvolta addirittura impercettibile, non è qualcosa che si trova, che esiste già  nella semplice attesa di essere scoperta, ma affiora nella presenza, nel miracolo che si verifica ogni volta che si riesce a essere presso di sé e accanto all’altro. È la prossimità  a dare origine alla fedeltà : richiede lo sforzo dell’avvicinamento. Non è infatti possibile all’interno di una relazione cristallizzata e statica, ma là  dove la presenza è frutto di un movimento verso sé e verso l’altro: «Essere presenti significa avvicinarsi da un altro luogo o da un’altra situazione. Sono davvero qui solo perché ci sono arrivato e vado da un posto a un altro solo perché sono venuto al mondo e alla luce e quindi non perché ci sono sempre stato» (J. L. Chrétien, Promesses furtives). Chi va verso l’altro ha sempre in sé qualcosa di misterioso, di segreto e di sepolto, arriva con una mancanza che cerca di colmare, con una ricchezza che vuole condividere, viene da un “altrove”.
Fragile, perché mai al riparo dalla delusione, la fedeltà  si alimenta di questa presenza vulnerabile: al suo interno il vicino e il lontano si mescolano, per suo tramite è possibile avvicinarsi all’altro e lasciarsi avvicinare. Si fonda sulla scelta di una prossimità  amorosa che si è portati a ripetere ogni giorno, una presenza forse mancante e mai totale ma che, quando serve, è solida e permette a due individui di trovarsi, continuamente. La ripetizione è dunque il suo fondamento, ma non si tratta della ripetizione meccanica e obbligatoria che porta a fare e rifare sempre gli stessi gesti, a dire e ridire sempre le stesse parole. Il senso della fedeltà  risiede in questo: un progetto che si dispiega nello spazio dell’incontro, che rende possibile l’intimità  della coppia e si radica nel presente, senza rinchiudersi nel rifiuto del richiamo del futuro per paura del cambiamento.


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