by Editore | 30 Maggio 2011 7:23
Non a caso. Due settimane fa: il Cavaliere affermava che si sarebbe trattato di un voto “politico”. Soprattutto a Milano. Arena del suo scontro “personale” contro tutti i nemici. In primo luogo: i Magistrati e la Sinistra. Per questo Berlusconi si era presentato come capolista del PdL. D’altronde, ripeteva, è impensabile che Milano cada in mano a un estremista. Alla sinistra senza cervello. Impensabile.
Due settimane dopo Silvio Berlusconi, ha cambiato opinione. Perché è cambiato il clima d’opinione. D’altronde, ogni turno elettorale è una nuova consultazione. Risente di quanto è avvenuto prima. E due settimane fa, nel primo turno, sono avvenute cose impreviste. Anche soprattutto da chi guida il governo da dieci anni (con una pausa di 18 mesi). Due settimane fa. Il Centrosinistra ha eletto il sindaco, al primo turno, in due città importanti del Nord. Torino e Bologna (dove non era scontato, visti i guai combinati dal Centrosinistra negli ultimi dieci anni). Due settimane fa. A Napoli, la capitale del Mezzogiorno, il candidato del Centrodestra, Lettieri, ha ottenuto un risultato non esaltante. E rischia molto, nel ballottaggio che lo oppone a De Magistris. Magistrato. Leader dell’IdV. Specchio fedele dell’Italia di Berlusconi. (Il quale, non a caso, ha frequentato Napoli più di Milano, negli ultimi giorni).
Due settimane fa. Il Centrodestra non ha chiuso la partita a proprio favore in alcune città importanti, dove era al governo. Cagliari e Trieste, in primo luogo. Due settimane fa: la Lega ha visto affievolirsi la spinta propulsiva degli ultimi anni. Rispetto alle elezioni regionali dell’anno prima, ha subito un declino elettorale significativo – in valori assoluti e percentuali. Si è ridimensionata in tutti i capoluoghi di provincia, ad eccezione di Bologna, dove però era trainata dal candidato – leghista – della coalizione.
Due settimane fa, infine e soprattutto, a Milano, Letizia Moratti, sindaco uscente, ri-candidata dal Centrodestra, veniva superata nettamente da Giuliano Pisapia, candidato del Centrosinistra. Silvio Berlusconi, capolista del PdL, dimezzava le preferenze rispetto a 5 anni prima. Ripeto in modo pedante e un po’ noioso cose a tutti note non con intento didascalico. Mi interessa, invece, sottolineare la catena dei “cambiamenti” avvenuti due settimane fa. In modo ancora incompiuto. In grado, tutti insieme, di evocare un “cambiamento” più ampio. Due settimane fa: è cambiato il clima d’opinione, E, al tempo stesso, si sono incrinati i miti politici che lo hanno condizionato per molti anni.
A) Lo “sconfittismo” del Centrosinistra. “Sconfitto” dall’evidenza che buoni candidati, buone coalizioni – qualche buona idea – possono produrre buoni risultati. Che gli elettori non sono “naturaliter” destinati a votare per gli altri. Neppure a Milano. B) Ma si è incrinato anche il mito del “Cavaliere invincibile”. Capace di sollevarsi dalla palude dove stava affondando tirandosi su da solo per il codino, come il Barone di Munchausen. Ora, mi guardo bene dall’affermare che, ai ballottaggi, i giochi siano già fatti. Sono troppo scaramantico e ne ho viste troppe, nella mia vita di analista politico ed elettorale. Mi limito a osservare quel che è evidente a tutti. Il clima d’opinione è cambiato. Nei discorsi pubblici e privati. Oggi nessuno dà per scontato che i candidati del Centrodestra abbiano già vinto e quelli di Centrosinistra, simmetricamente, perso. Semmai, si è fatta strada l’impressione contraria. Non è un caso che Silvio Berlusconi abbia cambiato “opinione”. Il risultato deludente del Centrodestra al primo turno, secondo il Cavaliere, è colpa della debolezza dei candidati del Centrodestra. Non sua, personale. A Milano sarebbe, dunque, colpa della Moratti. Che però è la stessa candidata di 5 anni fa, quando Berlusconi aveva ottenuto un numero doppio di preferenze personali.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, Silvio Berlusconi si dimostra pessimista. Non lo era stato neppure nel 2005, dopo l’esito disastroso delle Regionali. In vista delle Politiche dell’anno seguente, il Cavaliere aveva remato contro ogni previsione. Contro gli avversari e contro la sfiducia degli amici. Fino a rimontare quasi tutto lo svantaggio accumulato. Trasformando il risultato del 2006 in una quasi-vittoria. Preludio a un rapido ritorno al governo, avvenuto nel 2008.
Oggi non è così. La campagna elettorale del Centrodestra nelle ultime due settimane è apparsa fiacca. I soliti slogan. Le solite battute. Le solite promesse. Le pernacchie Bossi. Gli insulti di Berlusconi ai Magistrati e alla Sinistra. E un’affermazione ribadita troppe volte, per non sollevare dubbi. Opposta a quella precedente al primo turno. Questo voto non avrà conseguenze politiche. Neppure se – azzarda Berlusconi – il Centrodestra dovesse perdere. A Milano e a Napoli. E magari anche in altre piazze importanti. È “solo” un voto amministrativo. Un giudizio sull’azione dei governi e dei candidati “locali”. Evidentemente deboli. Ma non c’è alternativa a questo governo. A questa maggioranza. Che però oggi rischia di ritrovarsi tale – cioè: maggioranza – solo in Parlamento. Maggioranza di Palazzo, ma minoranza nel Paese. Sul territorio. Nella società . D’altronde, come mostrano i flussi elettorali calcolati dall’Istituto Cattaneo di Bologna, il PdL, nelle maggiori città , ha perso voti in tutte le direzioni. Mentre la Lega ha mostrato segni di arretramento anche nella provincia padana. La sua enclave.
Ma se – e sottolineo se – i timori espressi da Berlusconi si avverassero. Se, in particolare, il Centrodestra perdesse Milano. Se Pisapia divenisse sindaco. Allora, il mutamento del clima d’opinione subirebbe un’accelerazione brusca. E difficilmente questa maggioranza e questo governo potrebbero proseguire il percorso senza conseguenze. Sul piano dei rapporti tra le forze politiche. Ma anche sul piano della leadership. È il destino dei partiti “personali”. Le sconfitte – come le vittorie – sono anch’esse “personali”.
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