Pace in Generali, anche Bolloré vota il bilancio

by Editore | 1 Maggio 2011 7:18

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TRIESTE – Vincent Bolloré ci ripensa e vota il bilancio Generali. Con lui il 99,5% degli azionisti all’assemblea annuale, che tra presenti e deleghe erano quasi metà  del totale. «La notte porta consiglio», ha commentato col tono dei vittoriosi l’ad Giovanni Perissinotto, che sulla partnership con Petr Kellner era stato messo in croce dal vice presidente bretone, e aveva subito l’onta della sua astensione sui conti 2010. Bolloré ieri era davanti ai soci, che lo hanno tirato in ballo – spesso criticandolo, in un’assise piuttosto tranquilla a tre settimane dall’uscita del suo alleato Cesare Geronzi – ma non ha parlato. Nella cena dei consiglieri Generali, venerdì, era apparso sollevato: «Ho avuto quel che volevo, e solo gli stupidi non cambiano idea», avrebbe detto, soddisfatto per l’integrazione al bilancio su Generali Ppf fornita un mese fa, dopo le sue polemiche. Proprio quelle critiche avevano riaperto il dossier a fine 2010, per fare un “tagliando” all’alleanza con l’imprenditore ceco. Nel verbale del cda del 16 dicembre si legge: «Il comitato esecutivo ha dato mandato all’ad di studiare la possibile risoluzione in anticipo dell’accordo con Ppf, nei modi e termini appropriati, con l’ausilio dell’advisor identificato in Mediobanca». Sei giorni prima l’esecutivo aveva convenuto di «avviare una procedura anticipata per la risoluzione della jv con Ppf». I lavori esplorativi sono vicini al termine, ma non è ancora chiaro se il dossier andrà  in cda il 13 maggio, insieme ai conti del primo trimestre. Un periodo in cui i ricavi sono scesi a 19 miliardi (-8,3%) per via della concentrazione di premi unici di un anno prima, ma margini e utili dovrebbero crescere. Su Ppf, Perissinotto ha detto: «Le conclusioni a cui si sta arrivando sono che la partnership funziona bene e va mantenuta nella configurazione attuale». Ovvero, un diritto per Generali di riacquistare il 49% di Kellner nel 2014, a un valore stimato tra 2,5 e 3 miliardi. Secondo le simulazioni fornite dai triestini all’Isvap, se per quella data il Leone genererà  un flusso di cassa di 4 miliardi potrà  spesare il finanziere ceco senza dover ricapitalizzare. Come alternativa potrebbe profilarsi un pagamento dilazionato, sia perché tutti quei soldi adesso non ci sono sia perché c’è volontà  di continuare a collaborare con Kellner, magari su nuovi progetti a Est, Russia in primis. L’assemblea di ieri sanciva il ritorno di Gabriele Galateri, raggiante nel ruolo di «presidente non operativo». «Sono felice di essere qui – ha detto aprendo l’assemblea – Mi conoscete da tempo. Ho grande rispetto per il management, che conosco e che merita di operare in armonia. Sarò garante e promotore di un rapporto costruttivo con tutti gli stakeholders». Tra gli azionisti presenti, guidati da Mediobanca con il 13,24%, poche novità , tranne il vistoso 6,3% con cui ha votato Roberto Meneguzzo, ad di Palladio finanziaria. Oltre alle quote nelle holding Ferak (1,56%) ed Effeti (2,3%), il manager rappresentava l’1,87% di Leonardo Del Vecchio e pacchetti minori delle Casse dei notai e dei ragionieri. A Trieste c’erano anche Diego Della Valle e Alberto Nagel, due tra i vincitori della battaglia per l’addio di Geronzi. «L’assemblea è andata bene perché la gente era contenta, in Generali è tornata la concordia. Il voto di Bolloré è stato apprezzato da tutti: un bel segnale», ha detto l’imprenditore marchigiano. E l’ad di Mediobanca ha detto: «La nostra priorità  è la chiarezza di governance, ora raggiunta, come indispensabile premessa per la performance complessiva del gruppo». Uno strascico assembleare del dopo Geronzi sono state le polemiche sui 16,6 milioni riconosciutigli per 11 mesi di permanenza a Trieste. E il conseguente voto contrario degli investitori istituzionali – presenti con il 9,5% delle quote – alle politiche di remunerazione del management. Anche Bankitalia, azionista al 4,46%, si è astenuta sul tema delle politiche di incentivazione dell’alta dirigenza. «Premesso che l’importo è rilevante, la buonuscita di Geronzi è stata presa nell’interesse della compagnia – ha detto l’ad – Dopo la sfiducia al presidente si era creata una situazione delicata, che se risolta in modo conflittuale avrebbe avuto conseguenze economiche ben più onerose, fino a multipli di quanto erogato». Ora a Geronzi resta la presidenza della Fondazione Generali dove il banchiere romano «ha un potere di spesa autonoma fino a 9.999 euro», ha precisato Perissinotto. La vendetta è un piatto buono freddo.

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