by Editore | 13 Maggio 2011 6:40
Solo un piccolo spiraglio di ottimismo viene dai calcoli della Cgia di Mestre: i giorni di stipendio sacrificati alle tasse tra 2010 e 2011 restano gli stessi, ovvero 155, ma se va a spaccare il capello ci si accorge che il «tax freedom day» ha quest’anno un fuso orario diverso e scocca 9 ore prima. Davvero molto poco per rallegrarsi: anche perché dal 1990 ad oggi, in vent’anni, il tempo di lavoro destinato a pagare le tasse è cresciuto di più di due settimane.
Se il calcolo – fatto tenendo conto della pressione fiscale e dei giorni di retribuzione dell’anno che servono a colmarla – che vale per l’italiano medio rappresenta una triste conferma, quello che riguarda il lavoro dipendente suona come un nuovo campanello d’allarme. Per impiegati ed operai il «giorno della liberazione dalle tasse» quest’anno scatterà un giorno più tardi.
La Cgia di Mestre prende in esame un contribuente tipo, che lavora come impiegato, e ha moglie un figlio a carico: ebbene questo soggetto lo scorso anno doveva lavorare fino al 23 giugno per cominciare a disporre liberamente dei propri soldi, mentre quest’anno dovrà attendere il 24 giugno. Stessa sorte per l’operaio-medio, sempre con moglie e un figlio a carico, che dallo scorso anno a quello in corso ha dovuto versare al fisco il proprio stipendio per un giorno in più (il suo «tax freedom day» si è spostato dal 5 al 6 maggio). E’ il terzo anno consecutivo che per il lavoro dipendente la data di liberazione dal peso fiscale scatta più in avanti.
Che cosa sta accadendo? Secondo la Cgia di Mestre l’aumento della pressione fiscale sul lavoro dipendente non è dovuta ad un aumento della tassazione vera e propria ma all’effetto dei rinnovi contrattuali che per molti ha significato uno scatto di aliquota e dunque una sorta di fiscal drag che il governo si è guardato bene dal restituire. Certo è che la pressione fiscale in Italia, secondo gli ultimi dati Ocse è in crescita e nel 2009 ha toccato il tetto del 43,5 per cento.
Anche il peso del fisco sul lavoro dipendente nel Belpaese è stato confermato, appena ventiquattro ore fa, dall’ultimo rapporto dell’Ocse: per tasse sui salari, relative ai lavoratori «single», il nostro paese è al quinto posto nell’area dei paesi più industrializzati con un tasso del 46,9 per cento in crescita nel 2010, rispetto all’anno precedente, dello 0,4 per cento.
Il rapporto della Cgia calcola anche il giorno in cui il contribuente medio si libera dalla spesa, cioè quanti giorni in un anno dobbiamo lavorare per sostenere quello che lo stato spende per il suo funzionamento e per i servizi ai cittadini. Naturalmente questo giorno cade molto più in avanti, nel 2010, ad esempio è stato «festeggiato» il 25 giugno e da tre anni si sposta sempre più in là . Siccome le tasse, come è noto, non bastano a finanziare tutto quello che lo Stato spende, i 18 giorni che mancano tra il giorno della liberazione fiscale e quello della liberazione dalla spesa pubblica, rappresentano plasticamente il debito che accumuliamo. «Si tratta di una tassazione occulta di tasse che vengono proiettate nel futuro», commenta Giuseppe Bortolussi, presidente della Cgia di Mestre.
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