Ombre sull’Italia per l’Sos ignorato del barcone in mezzo al mare
Non ha nessuna intenzione di abbandonare la sua battaglia don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia, di fronte alla smentita della Nato, durante una conferenza stampa a Bruxelles, che nega ci siano le prove del mancato soccorso di 61 migranti al largo di Lampedusa tra il 29 e il 30 marzo scorso, come denunciato più volte dal sacerdote eritreo; una denuncia ripresa da l’Unità e rilanciata l’altro ieri dal britannico Guardian. «La conferenza stampa della Nato non chiude un bel niente dice don Zerai -. Se la Nato dice che non è responsabile, allora qualcuno ci deve dire a chi apparteneva l’elicottero che ha dato acqua e biscotti ai sopravvissuti e li ha fotografati e la portaerei che li ha visti ma non li ha soccorsi». «Se non erano della Nato di chi erano?», si chiede don Zerai: «I sopravvissuti non sono in grado di dire di che nazionalità era la portaerei. Sarebbe una pretesa immensa per persone che erano disperate, allo stremo». «Qualcun altro c’era in quei giorni nel Mediterraneo e deve rispondere. conclude Spetta alle autorità competenti verificare e cercare la verità sulla nazionalità dell’elicottero e della portaerei. Andremo avanti in questa denuncia e continueremo a chiedere che venga fatta chiarezza e giustizia. Anche per sapere cosa succede nel Mediterraneo».
TROPPI INTERROGATIVI
Ci sono troppi coni d’ombra in questa vicenda: dalle ripetute segnalazioni di don Zerai, alle diverse versioni rilasciate della autorità impegnate nella zona. A prescindere dalle voci discordanti, non è accettabile che 72 persone fra cui donne e
bambini possano vagare per 16 giorni nel Mediterraneo e essere lasciate morire di fame, di sete e di stenti. Qualunque sia la verità in questa vicenda, è primario interesse della missione Nato ed in particolare dell’Italia cui è stato affidato il comando operativo sul mare portarla immediatamente alla luce»: è quanto dichiarano in una nota Andrea Sarubbi, Jean Leonard Touadi, Roberto della Seta e Francesco Ferrante, che sulla vicenda hanno presentato due interrogazioni parlamentari alla Camera ed al Senato.
L’ALLARME
Secondo la ricostruzione del Guardian, basata sulle testimonianze dei sopravvissuti e di altri che erano in contatto con con i passeggeri durante la traversata, i migranti utilizzarono il telefono satellitare di bordo per contattare a Roma don Zerai che a sua volta contattò la Guardia costiera italiana. Questa garantì a Zerai che l’allarme era stato lanciato e che tutte le autorità competenti erano state allertate, circostanza che oggi viene confermata dal Comando generale delle Capitanerie di Porto, al pari di quanto un portavoce ha dichiarato al quotidiano britannico, e cioè che venne avvisata Malta che l’imbarcazione si stava dirigendo verso la sua zona di ricerca e soccorso e che venne diramato un allerta. Il Guardian però afferma che le autorità maltesi hanno negato di avere mai ricevuto tale indicazione.
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