Ogni popolo dovrebbe vivere sulla sua terra

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Io sono cresciuto in un momento in cui l’ebraismo era molto diverso da quello attuale. L’ebraismo del dopoguerra era davvero differente. Naturalmente per la grande maggioranza delle famiglie ebraiche, nell’immediato dopoguerra, Israele aveva un valore immenso: bisogna considerare che gli ebrei sopravvissuti erano appena usciti dal più tragico evento della loro travagliata storia: la Endlà¶sung, il piano di sterminio totale dell’intero popolo ebraico fino all’ultimo embrione.
Io, nel tempo della Shoà , non ero ancora nato, essendo dell’aprile 1946. I miei genitori e mio fratello maggiore, Samuil, loro sì, vissero in quella temperie. Si trovavano in Bulgaria. In quella terra gli ebrei sono stati salvati dal popolo bulgaro. Per essere precisi si salvarono i quarantottomila ebrei della Bulgaria dell’interno, la Bulgaria vera e propria, fra questi i miei familiari. I bulgari nel corso della guerra balcanica e della Prima Guerra mondiale avevano perso alcuni territori, la Dobrugia, parte della Tracia e la Macedonia, e aspiravano a recuperarli. La Germania nazista sosteneva le aspirazioni dei bulgari i quali, per queste ragioni e in parte per timore della potenza tedesca, passarono da una neutralità  disponibile verso i nazisti ad un’alleanza vera e propria, che nei territori esterni portò l’esercito bulgaro a collaborare nel rastrellamento dei circa dodicimila ebrei che in quelle aree furono deportati e finirono quasi tutti annientati. Ma, come dicevo, i quarantottomila ebrei dell’interno furono salvati grazie all’azione determinata di Dimità¢r PeÅ¡ev, vicepresidente del parlamento, un ultraconservatore favorevole all’alleanza con la Germania nazista, ma che si oppose con tutte le sue forze alla deportazione degli ebrei. Decisiva fu anche l’opposizione della Chiesa ortodossa guidata dall’eroico metropolita Stefan, che in occasione della più solenne festività  bulgara, il giorno dei santi Cirillo e Metodio, arrivò a lanciare in pubblico, di fronte a centocinquantamila persone, un anatema contro i nazisti, minacciandoli di irreparabili conseguenze se avessero osato alzare un dito contro i cittadini ebrei di Bulgaria.
Ovviamente la Bulgaria ha avuto anche un importante movimento di resistenza antifascista. Io, proprio di recente, ho incontrato Angel Wagenstein, ebreo bulgaro di Plovdiv, come me. Angel è uomo di cinema, sceneggiatore, documentarista e scrittore. (…) Angel Wagenstein è stato un partigiano comunista, ha combattuto nella resistenza antifascista. È stato arrestato dai nazifascisti e condannato a morte in un processo farsa. Alla lettura della sentenza Angel è scoppiato a ridere in faccia ai suoi aguzzini. È stato rinchiuso in una minuscola cella della morte insieme a otto altri compagni, anch’essi condannati a morte. In quella cella ha trascorso ottantasette giorni e ha passato gran parte della detenzione raccontando storielle ebraiche con cui provocava continui scoppi di risa nei suoi compagni, sconcerto e rabbia negli sbirri. Con lo humour ebraico ha protetto la sua salute mentale e quella di chi condivideva con lui quella dura esperienza. Nel frattempo l’Armata Rossa, dopo la vittoria di Stalingrado sui nazisti, avanzava travolgente e veniva a liberarlo. Quando ci siamo incontrati a Milano per presentare il suo libro ci siamo immediatamente riconosciuti come due vecchi amici, abbiamo brevemente chiacchierato in bulgaro e in russo, poi siamo passati al francese per condividere con l’editore il piacere di quell’incontro magico.


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