Ocse: altri tre anni per uscire dalla crisi
MILANO – I conti pubblici hanno tenuto. Ma per sostenere la crescita economica dell’Italia, ancora troppo lenta e che ci riporterebbe al livelli pre-crisi soltanto a partire dal 2014, occorre varare riforme strutturali, dal fisco all’università , dalle liberalizzazioni all’amministrazione pubblica.
Nel suo consueto rapporto annuale, l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) avvisa l’Italia: ha superato la fase più profonda della recessione, «più pesante» rispetto alla maggior parte dei paesi industrializzati, ma ora sta entrando in una fase molto delicata perché «la ripresa è stata debole». E il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria – ieri a Milano per illustrare il rapporto 2011 a una delegazione del governo guidato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti – ha raccomandato il varo di un pacchetto di riforme «necessarie per uno sviluppo più sostenuto».
In sintesi, l’Economic survey 2011 per l’Italia contiene più ombre che luci. Il ministro Tremonti, come è comprensibile, si è accontentato del bicchiere mezzo pieno: «Direi che abbiamo superato l’esame». E ha invitato i giornalisti durante una conferenza stampa a essere «più ottimisti una volta tanto». Ma poi ha dovuto ammettere che «tutti vorremo fare di più e lo faremo».
Secondo l’Ocse lo chiedono i numeri: il Pil italiano crescerà dell’1,2% quest’anno e dell’1,6% nel 2012, e solo dal 2014 la crescita tornerà ai livelli del 2007. Troppo poco. Per accelerare, l’Italia ha bisogno di riforme urgenti. Per esempio, se è vero che il ricorso massiccio alla cassa integrazione è stato positivo perché ha contenuto il tasso di disoccupazione, è anche vero che il sistema «non incentiva sufficientemente i lavoratori a cercare aziende o settori con prospettive migliori». Un suggerimento a passare a strumenti come il sussidio di disoccupazione limitato nel tempo.
Tra le politiche strutturali più urgenti, l’Ocse individua come obiettivi l’università e il fisco. Nel primo caso, Gurria ha sottolineato come scienziati e ricercatori italiani godano «di maggior prestigio e miglior retribuzione all’estero che non in Italia», ha chiesto maggior collaborazione «tra università e imprese» e ha suggerito un «aumento delle rette» assieme a «un sistema di prestiti rimborsabili sui redditi futuri» per gli studenti.
Sul piano dei conti pubblici, l’Ocse ha ammonito che potrebbero essere necessari altri tagli, anche a acusa di una ripresa dell’inflazione. E che occorre una politica fiscale che preveda «aumenti della tassazione immobiliare» e «combatta l’evasione» senza più «ricorrere a condoni come quello si redditi non dichiarati del 2009-2010». Tra le riforme strutturali, l’organizzazione individua «il completamento del processo di liberalizzazioni che va esteso ai trasporti e ai servizi pubblici». Come i rifiuti e l’acqua: l’Ocse è favorevole alla privatizzazione del servizio, il che ha provocato la reazione dei referendari che hanno parlato di intervento a gamba tesa sulla consultazione popolare. Più gradito a sinistra il commento sulla vicenda rinnovabili: l’Ocse ha chiesto «più trasparenza e coerenza sugli incentivi per migliorarne l’efficacia».
Nonostante il quadro complessivo non sia così favorevole, Tremonti ha invitato i giornali a non puntare «solo sulle cose negative per fare notizia. È come se ci fosse un’auto con a bordo una famiglia bloccata sui binari del tram. Normalmente si tiene alla famiglia, ma c’è chi tifa per il treno». Più che altro i giornalisti si limitano a raccontare se la famiglia si è salvata o meno. Ma questo lo diranno i prossimi rapporti dell’Ocse.
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