Obama non scalda la lobby ebraica “Ma la pace non può attendere 30 anni”

by Editore | 23 Maggio 2011 6:57

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WASHINGTON – Rassicurare Israele. Con questo obiettivo il presidente Barack Obama per cinquanta minuti ieri mattina ha parlato all’annuale convention dell’Aipac a Washington, la potente lobby americana filo-israeliana. Accolto con una certa freddezza dalla platea dei diecimila delegati venuti da ogni angolo d’America, alla fine ha strappato anche qualche applauso in una atmosfera ancora segnata dal duro confronto di venerdì scorso alla Casa Bianca con il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha bocciato senza mezzi termini le proposte del presidente americano sul nuovo Medio Oriente. Ma Obama ha voluto ribadire, e qui c’è stato qualche timido fischio di disapprovazione, che «lo status quo non è più sostenibile». Di fronte ai potenti interlocutori, tra i quali diversi finanziatori della sua precedente campagna elettorale, Obama si è mostrato teso, ma sicuro di sé: «La mia proposta non ha nulla di originale. Ho detto in pubblico ciò di cui si è sempre discusso e di cui si è consapevoli in privato. Non possiamo aspettare altri dieci, venti, trenta anni per la pace».

Garbato e seducente, nel suo discorso ha voluto precisare le sue posizioni, ha chiarito le parti che avevano più indispettito Netanyahu, «su alcune cose sono stato male interpretato», specie per la sua idea di uno Stato palestinese entro i confini del 1967 con scambi di territori. Ieri mattina ha voluto spiegare che questi scambi di territori potrebbero portare a confini diversi da quelli nati dal conflitto arabo-israeliano del 1967. «Credo», ha spiegato il presidente, «che israeliani e palestinesi negozieranno una frontiera diversa da quella che esisteva il 4 giugno 1967, tenendo conto delle nuove realtà  demografiche sul terreno», per avere frontiere stabili e sicure per entrambi. «Queste posizioni sono note da anni, e sono state il modello per le discussioni fra Stati Uniti, Israele e palestinesi fin dai tempi dell’Amministrazione Clinton», ha sottolineato Obama ammettendo che le sue parole «sulla questione del territorio e della sicurezza, hanno generato alcune controversie negli ultimi giorni». «Questo non mi ha completamente sorpreso», ha proseguito, «so bene che la cosa più facile per un presidente, in particolare per un presidente che si prepara alla rielezione, è quella di evitare controversie di qualsiasi tipo. Ma come ho detto al premier Netanyahu, credo che la situazione in Medio Oriente non lasci spazio per temporeggiamenti».
Poi ha assicurato a Israele il suo sostegno contro il voto all’Onu di una risoluzione in cui si riconosce lo Stato palestinese. «Io credo fermamente che la pace non possa essere imposta, neanche dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con il suo sostegno alla creazione di uno Stato palestinese indipendente», e qui c’è stata una vera standing ovation della platea, perché erano esattamente le parole che i delegati dell’Aipac volevano ascoltare. Come quelle con le quali ha definito l’accordo di riconciliazione fra Hamas e Fatah – il partito del presidente palestinese Abu Mazen – «un grave pericolo per la pace nella regione», esortando il movimento integralista che controlla la Striscia di Gaza a ripudiare la violenza e a riconoscere Israele.
Al netto di qualche contestazione – non molte, forse grazie anche alla mail con cui il presidente dell’Aipac Lee Rosenberg, alleato e consigliere di Obama per il Medio Oriente, aveva invitato i membri della lobby a non fischiare il presidente – la platea non si è mostrata ostile, specie nella parte in cui ha confermato l’impegno Usa per la difesa di Israele di fronte alla minaccia iraniana: «Anche quando siamo in disaccordo, i legami tra i nostri Paesi sono infrangibili e l’impegno americano per la sicurezza di Israele è d’acciaio». Washington, ha assicurato, «manterrà  la pressione sull’Iran perché non si doti di armi nucleari» e l’America andrà  «oltre l’ordinaria assistenza militare allo Stato ebraico, facendo un salto qualitativo». Parole dalle quali si è sentito rassicurato il premier israeliano Netanyahu – che ha seguito il discorso del presidente in tv – che in un primo commento si è detto «determinato a lavorare con Obama per tornare al tavolo dei negoziati per raggiungere la pace» con i palestinesi. La sua replica è attesa per stasera, quando a sua volta parlerà  ai delegati dell’Aipac.

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