Nuovi aiuti e più sacrifici per la Grecia

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MILANO – Il salvataggio della Grecia si prepara alla fase due. Un copione che non prevede l’uscita dall’euro («è uno scenario che non esiste», ha ribadito ieri il premier George Papandreou) ma che comporterà , con ogni probabilità , nuovi aiuti della Ue e più sacrifici per Atene. «È evidente che il piano di stabilizzazione del Paese ha bisogno di qualche aggiustamento», ha ammesso il numero uno dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker dopo il vertice di venerdì sera tra i ministri delle Finanze della Ue. E con ogni probabilità  questo pacchetto di nuove misure sarà  già  all’esame del prossimo eurogruppo prevista per il 17 maggio, proprio nei giorni in cui Bce, Fmi e Bruxelles saranno in missione in Grecia per verificare la situazione e sbloccare una nuova tranche dei 110 miliardi di aiuti già  stanziati.

«Il governo resta fermamente impegnato nella piena e tempestiva attuazione del programma economico concordato», ha scritto ieri in un comunicato l’Esecutivo di Atene. Il problema vero è che a questo punto potrebbe non bastare. «Anche perché sul piano di privatizzazioni da 50 miliardi necessario per far quadrare i conti ci sono forti resistenze da parte di qualche ministro», dice Yannis Stournaras, presidente della Fondazione di Ricerca economica ellenica. E con i tassi sui titoli di Stato che veleggiano oltre il 20% sarà  molto difficile per la Grecia tornare sul mercato a metà  2012 per finanziare il debito quando finiranno gli aiuti esteri.
«Quello che è sicuro è che la ristrutturazione del debito non è un’opzione», ha ribadito ieri Juncker. L’idea sul tavolo sarebbe quella di offrire una tranche ulteriore di finanziamenti ad Atene nel 2012 (magari attingendo al nascituro fondo salva Stati da 440 miliardi di Bruxelles) rivedendo in senso più favorevole per la Grecia le condizioni di quelli già  assegnati, come è stato fatto per l’Irlanda. In cambio il governo Papandreou dovrebbe stendere una road map vincolante sul piano di privatizzazioni e su nuovi interventi di taglio alla spese. Garantendo magari alla Ue un ruolo di supervisione più deciso.
Basterà ? Non è detto, dicono in molti. Ma Bruxelles e Papandreou avrebbero pronta una carta di riserva: l’allungamento delle scadenze sui prestiti concordato con i grandi creditori, anche se per ora nessuno ammette una possibilità  di questo genere. Questa ipotesi soft avrebbe l’effetto di alleggerire l’onere finanziario del salvataggio dei conti ellenici spalmandolo nel tempo senza penalizzare più di tanto i conti delle banche (e dei Paesi) indebitati con Atene. Controparti che in caso di ristrutturazione più drastica dovrebbero contabilizzare da subito perdite pesantissime. 
L’ultimo ostacolo per il secondo atto del salvataggio greco è a questo punto l’approvazione del pacchetto in sede Ue. Bisognerà  convincere la Finlandia, un po’ più euroscettica dopo il successo dei populisti di Timo Soini alle ultime elezioni e, forse, anche la Germania. Secondo il settimanale Focus al Bundestag sarebbe addirittura in forse l’ok (dato per scontato) al lancio del nuovo Fondo di stabilizzazione continentale.


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